Continua in Italia la vergognosa manipolazione dell’informazione sulla questione palestinese. E’ diventata inaccettabile questa insopportabile deriva etica, deontologica e politica del giornalismo italiano, una continua mistificazione e la falsificazione dei fatti sul massacro del popolo palestinese in atto, ogni volta che deve affrontare le responsabilità di Israele e le istanze dei palestinesi. È stata ignorata per settimane la pulizia etnica in corso a Gerusalemme e ora si prova a nascondere l’impossibile simmetria che esiste tra l’oppressione israeliana, perpetuata da 73 anni con il consenso della comunità internazionale, e la più che legittima resistenza palestinese. Narrando il massacro in atto come una guerra.
L’istituzione di quello Stato ebraico in terra di Palestina, sulla base della risoluzione di Sanremo, faceva riferimento ad un vago “accordo” secondo cui “nulla sarà fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi in Palestina”. Il movimento sionista invece da 70 anni infrange il diritto internazionale, apre la strada per ulteriori annessioni coloniali israeliane della Palestina occupata. Minaccia sfacciatamente i palestinesi che, nel caso non collaborino, sono severamente puniti. In realtà lo sono già stati, nel momento in cui Washington ha tagliato tutti i finanziamenti all’Autorità Nazionale Palestinese e alle istituzioni internazionali che forniscono aiuti primari ai palestinesi. Come nella Conferenza di Sanremo, nella Dichiarazione Balfour e in numerosi altri documenti, a Israele è stato chiesto, sempre in modo educato ma senza alcuna formale imposizione di tali richieste, di concedere ai palestinesi alcuni gesti simbolici di libertà e indipendenza.
Le superpotenze decidono in virtù del loro enorme potere di riorganizzare i diritti storici delle nazioni. In qualche modo, il colonialismo del passato non è mai veramente morto. La vera violenza è l’ingiustizia, diceva Gandhi. La vera violenza in Palestina si chiama occupazione dei Territori palestinesi da parte di Israele che dura da 54 anni, contro le risoluzioni dell’Onu 242 e 181; si chiama apartheid che vige in Palestina; si chiama espropriazione delle terre palestinesi con colonie illegali che si ingrandiscono ogni giorno; si chiama Muro della Vergogna, check point, imprigionamenti quotidiani di palestinesi compresi i bambini, sradicamento degli ulivi, demolizione di case, negazione dei diritti dei palestinesi: alla libertà, a una terra, alla indipendenza, alla dignità… Questi i nomi della violenza che vengono taciuti, quando si parla di violenza in Palestina; violenza attribuita sempre ai palestinesi, che da aggrediti diventano aggressori. Ogni critica a Israele viene marchiata di “antisemitismo”; ci si dimentica di dire che anche i palestinesi sono semiti e sono oggetto di antisemitismo da parte della maggioranza degli ebrei israeliani. La pace in Palestina ci sarà quando finirà l’occupazione, la Madre di tutte le violenze. Ma Israele non vuole la pace, vuole la Palestina tutta, dal Mediterraneo al Giordano. E se la sta prendendo, con la forza, la violenza, con il silenzio assenso degli Usa, dei Paesi arabi, dell’Unione Europea, e dei media!
Come si può invocare la pace, senza chiedere prima giustizia. La guerra, ogni guerra, comincia quando non si intende riconoscere, e si arriva a negare, l’altro e le sue ragioni. La guerra tra israeliani e palestinesi dura da 73 anni, alternando fasi di calma solo apparente e scontri roventi, proprio per questo. Ed è terribile perché anche chi guarda e giudica i fatti da lontano, magari dall’Italia, si fa spesso contagiare totalmente dalla logica della guerra, che è sempre irragionevole e spietata. Negli organi di informazione europei manca la verità “dell’altro”, dei palestinesi, la verità che smaschera le menzogne e racconta sul serio la sofferenza e l’ingiustizia che le vittime, da una parte e dall’altra, patiscono. Eppure restano non riconosciute e diventano irriconoscibili. Mentre una guerra atroce e insensata continua.