Scene di ordinaria follia, manco fosse il set di City of God. Passati gli anni dell’integrazione voluta da Lula, nelle baraccopoli di Rio ogni giorno è guerra tra favelados e forze dell’ordine. Un conflitto spietato, in cui sempre più spesso le vittime sono piccoli innocenti. E’ un continuo denunciare le esecuzioni extragiudiziali commesse dalle forze dell’ordine. Una media di 7 morti al giorno. E una continua strage con la violenza degli agenti battaglione (BOPE), che è diventata endemica. Le morti avvengono, tranne rarissime eccezioni, nelle favelas, ufficialmente per “legittima difesa”. I tre quarti delle vittime sono nere e hanno tra i 14 e i 29 anni.
In realtà, da sempre i missionari e le ong internazionali e da 10 anni anche le principali organizzazioni per i diritti umani – da Amnesty international a Human rights watch – denunciano i metodi “sbrigativi” delle forze dell’ordine durante i blitz “mordi e fuggi” cioè ammazza e fuggi”, come li chiamano i brasiliani che conducono nelle baraccopoli la caccia ai disperati . Il presidente d’ultradestra Jair Bolsonaro, ex militare, ha fatto della lotta senza quartiere alle favelas il suo leitmotiv, fino a scandalizzare con affermazioni polemiche come “la polizia sa che cosa fare: mirare alla testa e sparare” o “peccato non poter lanciare missili” sulle favelas.
A marzo il governatore si è fatto riprendere a bordo di un elicottero, insieme a un cecchino incaricato di dare copertura aerea alla polizia in una favela. Una strategia controversa per l’elevato numero di “danni collaterali”, come vengono chiamate le vittime innocenti, tra cui sessanta bambini morti finora. Bolsonaro ha anche revocato l’obbligo per le forze dell’ordine di effettuare operazioni solo di giorno e accompagnati da ambulanze. La politica “muscolare” gli è valsa il soprannome di “Duterte brasiliano”. Nonché un’indagine della Corte Suprema, iniziata il 5 dicembre. E la forte denuncia della Pastorale delle favelas della Chiesa.
“Perché aspettare il virus. Uccidiamoli noi”. Così deve essersi detto il capitano degli squadroni della morte della polizia militare “Tropa de elite”. E così anche ieri 31 morti e due feriti il bilancio dell’operazione avvenuta in una favela Jacarezinho, a Rio de Janeiro, in Brasile tra la stazione di Triagem e il quartiere di Rocha,. Il conflitto a fuoco è andato avanti per diverse ore e ha provocato l’uccisione di un agente e di 30 presunti affiliati a un gruppo criminale “Comando Vermelho”: i feriti sono due civili raggiunti da colpi di pistola vaganti all’interno della metropolitana. I civili colpiti in metropolitana da proiettili vaganti.
L’operazione della polizia è partita alle 6 del mattino di oggi, ora locale, quando circa 300 agenti della Polizia civile di Rio de Janeiro hanno fatto irruzione nella favela di Jacarezinho, nella zona nord della capitale. In poche ore, Jacarezinho è diventato un campo di battaglia urbano, con scene da “guerra in Iraq”, ha detto un testimone. Il confronto a fuoco si è poi spostato nella stazione di Triagem, Il blitz è stato supportato da 10 veicoli blindati e quattro elicotteri che hanno sorvolato l’intera area mentre gli agenti erano alla ricerca dei presunti affiliati al Comando Vermelho, gruppo criminale che controlla in narcotraffico nella favela.
La parrocchia cattolica di Jacarezinho racconta una storia diversa: all’alba è scattata una operazione per insediare una base della Polizia Militare nel cuore del bairro, nella località “ do Samba”. Nelle settimane precedenti decine di case sono state sfondate dagli agenti della Policia Militar, sgomberando i residenti e lasciandoli senza casa per installare delle basi provvisorie. Il conflitto si è acuito quando, nell’ultima settimana, quando la PM ha installato una torre blindata nella favela. Molte case state danneggiate irrimediabilmente dai proiettili delle sparatorie quotidiane tra PM e narcotrafficanti costringendo i residenti ad abbandonarle. Cinque scuole e sette asili frequentati da quattromila ottocento alunni sono state chiuse per il pericolo di sparatorie. Secondo le testimonianze raccolte dai militanti del Coletivo Papo Reto alcuni militari avrebbero anche tentato di stuprare alcune giovani abitanti delle case invase.
Il bilancio dell’ultima settimana, tra morti e feriti, descrive un vero bollettino di guerra. Negli scontri a fuoco dell’ultimo fine settimana almeno tredici persone sono state uccise dalle armi dei militari. Un bambino di 13 anni, Paulo Henrique Oliveira de Morais, è morto a seguito delle ferite inferte dalle pallottole vaganti. Gustavo Silva, 17 anni, è stato ucciso per strada mentre tornava da lavoro alle sei del mattino. Bruno de Souza, 24 anni, militare dell’esercito, è stato ucciso in casa sua. I residenti che sono riusciti a rientrare nelle proprie case hanno denunciato lo scempio degli arredi e il furto di capi di abbigliamento e di elettrodomestici. I funerali dei giovani uccisi sono stati accompagnati da cortei rabbiosi di amici, parenti e residenti. “La nostra richiesta di giustizia è incisa nella vita e nelle parole degli abitanti di Jacarezinho. Giustizia, pace. Le istituzioni parlano di pace, ma per chi ha conosciuto solo la guerra la pace non esiste”, così Joelinton do Nascimento, amico di infanzia di Gustavo Silva.
Le proteste degli abitanti del quartiere Jacarezinho a nord di Rio contro le azioni della PM iniziarono già nel mese di marzo. Oggi una protesta è stata inscenata dai balconi delle abitazioni stendendo delle lenzuola bianche per chiedere pace e il ritiro delle truppe militari dal quartiere. Nel pomeriggio un corteo si è mosso per le vie del Complexo bloccando la Estrada do Itararé. All’aumentare dei partecipanti alla manifestazione la polizia ha lanciato lacrimogeni per disperdere il concentramento. I residenti hanno retto l’attacco continuando in 500 il corteo al grido di “fora UPP”. Ora che l’attacco prova a insediare una base della Policìa Pacificadora l’offensiva si rivela per quello che é: la guerra al narcotraffico viene fatta pagare ai poveri del quartiere in termini di vite umane e aumento della violenza subita dai residenti per espellerli dal quartiere e risanarlo. Obiettivi dei militari sono tanto gli strati proletari delle favelas, anche solo nell’essere d’ostacolo alle operazioni di polizia, che i trafficanti. Anche l’ora non è casuale, quell’ora del mattino la gente va a comprare il pane, oppure esce a lavorare e i bambini vanno a scuola. Intanto nel corso dell’operazione le forze dell’ordine hanno occupato la stazione di Triagem. Un conflitto a fuoco durato almeno cinque ore. Su Twitter sono stati postati alcuni video registrati da residenti che mostrano immagini di confusione nei vicoli della favela accompagnati dal suono di esplosioni di granate e di raffiche di fucili automatici. L’operazione Exceptis della polizia civile indaga sull’utilizzo di bambini e adolescenti da parte dei criminali per condurre operazioni illecite tra cui omicidi, spaccio di droga, furti e dirottamenti dei treni della ferrovia che passa nei pressi della favela.
Leo Nodari