Non vi dico quanti siano stati i morti sul lavoro quest’anno per non rovinarvi la giornata. Anzi si, ve lo dico, è una strage silenziosa che non vi rovinerà nulla. In questi primi quattro mesi 2021 le vittime sono state 200. Quasi 2 ogni giorno. La strage silenziosa non accenna a fermarsi. Rispetto allo scorso anno c’è stato un aumento del 170 per cento. Un trend in crescita, che esula dalla pandemia. La lista è lunga, fatta di storie magari diverse, ma accomunate dallo stesso triste epilogo. Molti sono operai travolti dalle macchine che stavano utilizzando, o cadute dall’alto, cadute dalla scala, Dati, numeri, statistiche che troppo spesso risultano fredde e vuote ma dietro le quali sono presenti tante storie, speranze e desideri di uomini e donne le cui vite sono state spezzate precocemente.
Oggi siamo a chiederci se nel 2021 si può morire risucchiati da un telaio, come avveniva a Charlie Chaplin in “Tempi moderni”. La risposta è sì, ed ha un nome e un cognome, Luana D’Orazio, morta in una fabbrica tessile in provincia di Prato. L’eco mediatico che ha avuto la morte della giovanissima Luana D’Orazio è dovuto al suo viso grazioso che ha inondato i giornali e i tg, di solito refrattari agli oltre due morti sul lavoro giornalieri. Il terrificante sistema funziona così. Il problema è la fottuta produttività, il massimo ribasso, lo svilimento dei diritti dei lavoratori, il risparmio sull’ammodernamento dei macchinari, sulla manutenzione e il mantenimento a norma. Chi si occupa di sicurezza sul lavoro come interno è (spesso) succube della produzione, un alienato che non ha potere economico di intervenire direttamente. In poche parole il mandante delle morti sul lavoro è sempre lo stesso, il sistema. Il capitale, il target, il guadagno dei pochi nei confronti dei molti. Le chiamano morti bianche per nasconderle meglio. Poi ci sono le nuove forme di sfruttamento, i lavori senza sicurezze o garanzie, quelli precari, che siano in ufficio o in fabbrica, nei turni notturni. Sono tutte quelle mansioni con basse retribuzioni e che non prevedono alcuna tutela per i lavoratori e le lavoratrici.
Ma la strage non si è mai fermata nemmeno con la pandemia. Nel 2021 ha accelerato nuovamente con numeri che testimoniano come l’emergenza sia totale e mai affrontata seriamente. Le denunce con esito mortale nel 2020 sono state 1.270, pari a 181 in più rispetto al 2019. Ma parlare dei morti sul lavoro è molto meno redditizio dell’altra “sicurezza” di cui si ciancia un po’ dappertutto:
Le cause sono note. I fatti sono più che noti, anche se affondano nella melma dell’indifferenza, della noia e del pregiudizio che sommerge buona parte della nostra società: di lavoro in Italia si muore più che in ogni altro paese occidentale. Questa è semplicemente la realtà che fa da sfondo all’ennesima morte . La logica è quella capitalistica dello sfruttamento. I profitti si basano sui risparmi nelle tutele, oltre che sulla compressione spasmodica dei salari e sulla durata abnorme della giornata di lavoro. L’illegalità estrema delle condizioni di lavoro è alla base di quello che si può definire come un vero e proprio modo di produzione schiavistico.
Tranquilli padroni. Tranquilli ricchi amministratori. Non cambierà nulla. Il popolo è moscio, sfiancato, senza palle. E la cultura – chiamiamola così – del governo in carica è del tutto coerente con un sistema di sfruttamento del lavoro che un certo illuminismo riteneva superato da secoli. Da una parte c’è l’elargizione di un “reddito di indigenza” – al 37% irregolari – subordinato a sistemi disciplinari e di controllo degni dell’Inghilterra settecentesca. Dall’altra, la cultura politica incarnata nel corporativismo della piccola azienda, della famiglia in cui lavoratori e padroni sono sulla stessa barca, è profondamente ostile allo sviluppo di logiche sindacali e rivendicative sanamente conflittuali. Il conflitto materiale sul luogo di lavoro è stato sostituito, nel corso degli ultimi decenni, e con il contributo decisivo del riformismo alla Renzi, da conflitti emotivi, basati sull’esistenza di un nemico simbolico: lo straniero, il migrante, il profugo, il “negro” che preme alle porte. Solo Papa Francesco urla “vergogna!!” mentre aumenta a dismisura una umanità marginale, superflua, eccedente, rifiutata, emarginata come lo erano i primi schiavi.
L’obiettivo del capitalismo non è, né mai potrà essere, eliminare le basi dello sfruttamento e le condizioni disumane di vita dei lavoratori. I lavoratori di tutto il mondo lo stanno imparando sulla propria pelle. Luana lo ha capito in pochi secondi.