TERAMO – Critiche e tante nei confronti di Massimo Paci e della squadra, sulla falsariga delle precedenti settimane, anzi particolarmente accentuate. Tutto quanto di buono si era succeduto nel girone di andata, lo stiamo cancellando con un colpo di spugna.
Paci era osannato da tutti e per lui si prospettava un futuro importante “nel calcio che conta”: poi, pian pianino, sono iniziate le critiche. I giudizi nei suoi confronti si sono fatti sempre più duri, fino a divenire il “capro espiatorio” di ogni male e noi non riusciamo a capirne il perché. Sa quasi di ostracismo esagerato ed immeritato. I tifosi che contestano oggi, dovrebbero avere maggiore equilibrio nel sentenziare, nell’idolatrare o nell’affossare; tutto questo accade con troppa facilità.
La partenza sparata aveva illuso un po’ tutti; a posteriori è stata un’arma a doppio taglio per lo stesso mister, perché i tifosi avevano iniziato a fare “voli pindarici”, convinti d’avere una squadra forte, più di quello che in realtà era. Il Teramo di oggi, oltretutto, non è più quello dell’andata perché, oltre a non aver beneficiato di rinforzi a gennaio per il salto di qualità, ha addirittura perso rincalzi importanti, tipo Bunino e Iotti. Gli infortuni come quelli di Soprano, Birligea, Lasik, Mungo e di Bombagi colpito dal Covid, avrebbero avuto qualche alternativa in più.
Anche i contenuti delle dichiarazioni di Sandro Federico, sempre esageratamente ottimistiche, hanno contribuito involontariamente ad indebolire la posizione del mister; se il direttore dice che il Teramo è da quarto posto e poi si ritrova al nono, per i tifosi Massimo Paci diventa “scarso”, uno di quelli che ottiene meno di quanto la squadra valga.
La verità è che la rosa è stata allestita senza un preciso progetto, con elementi rimasti dopo la “svendita”; Paci, al contrario, l’ha assemblata bene e, pur avendo a disposizione un gruppo di atleti meno ricco, alla trentesima di campionato vantava 42 punti, uno in più dello scorso anno, quando il torneo si bloccò nella stessa giornata. Ha fatto del suo meglio il mister con un solo attaccante, pure allergico al gol, affidandosi allo zoccolo duro Bombagi-Costa Ferreira-Arrigoni-Santoro-Ilari-Mungo ma con poco turnover e senza alternative di gran qualità. “Volutamente” spuntati in avanti per decisione societaria, proviamo ad immaginare se avessimo avuto due belle punte (avrebbe vinto Vivarini nel 2014-15 senza Donnarumma e Lapadula? – ndr). Con “il senno del poi” non si va avanti, d’accordo, allora accontentiamoci, portando maggiore rispetto a Massimo Paci e alla squadra che, in quanto ad impegno, ha sempre dato tutto. Insieme, pur tra tante difficoltà, stiamo approdando alla lotteria dei play-off.
Passando ora a parlare del Bisceglie diciamo che è una squadra che lotta per la sopravvivenza.
Relegata al penultimo posto della classifica assieme alla Paganese, con 27 punti, ha vinto 6 sole partite, pareggiate 9 e perse 18, con 26 reti realizzate e 47 subite. Dal 6 aprile è tornato in panchina Giovanni Bucaro al posto di Papagni, esonerato dopo 4 sconfitte consecutive; il modulo di questi era stato il 3-4-1-2 o il 3-5-2 ma con risultati deludenti. Bucaro è tornato allo stagionato 4-4-2, modulo quasi sempre sinonimo di garanzia, perchè copre bene il campo in orizzontale con due linee a quattro corte e strette e crea densità e mutuo soccorso in fase di non possesso.
Nell’ultima in casa contro la Virtus Francavilla, davanti al portiere Spurio (22) ha schierato, da destra a sinistra, gioca Priola (5) difensore centrale che però spinge fino a metà campo per lanciare lungo, a sinistra, Mansour (7), il rifinitore della squadra. Hassan (31) e Vona (6) sono i difensori centrali e Giron (3), il terzino sinistro, spinge e copre la fascia insieme a Mansour. A centrocampo, sugli esterni, Sartore (24) a destra – veloce, spinge e crossa ed è in possesso di un gran tiro di destro – e Mansour, seppur un destro naturale, sulla trequarti sinistra. Spesso cambia gioco sulla fascia destra per Sartore, che offende. In mezzo al campo, ad interdire e a costruire, il lento Mainone (23), dotato di un buon tiro da fuori e Romizi (29). In attacco giocano con il doppio centravanti: il camerunense Makota (14) e Rocco (11), quest’ultimo magari “tozzo”, dal baricentro basso, ma abile nel difendere palla. Le due punte, in fase di non possesso, si abbassano a turno, fino a disturbare il play avversario.
Altri elementi della rosa pugliese: i difensori centrali De Marino (4) e l’ex Altobello (26); i terzini Bassano (27) e Tazza (25) e tra i centrocampisti il norvegese di colore Hibrain (10), il 2002 Zagaria (13), bravo in interdizione ed in possesso di un buon tiro dalla distanza, Casella (21), il trequartista Ferrante (15), l’ala destra Vitale (19) e gli attaccanti Musso (18), molto intraprendente e a sostegno di Rocco se utilizzato, e Cecconi (9).
Il Bisceglie è formazione abbordabile ma giocherà la partita della vita con l’occhio della tigre, per cercare di superare la Paganese e di avere il vantaggio di due pareggi nel doppio confronto, per mantenere la C. Ultimamente ha perso in trasferta 1-0 a Catanzaro e, in casa, 1-2 con la Ternana: ultima vittoria in trasferta un mese fa, 0-1 a Caserta.
Considerazioni finali. Per i biancorossi sarà un’altra partita difficile, contro una squadra chiusa che giocherà di rimessa, pronta a rilanciare lungo gli avanti. Cerchiamo, innanzi tutto, di non subire il solito gol “stupido”; bisognerà avere pazienza, senza forzare le giocate ed essere rapidi, muovere continuamente la palla con cambi di fronte e sovrapposizioni sui loro esterni bassi, specialmente a sinistra, dove Mansour è poco portato ai rientri. A volte non è conveniente pressare alto; all’occorrenza invogliamoli ad uscire ed a farci pressare per dilatare le loro maglie. Una volta recuperata palla bisognerebbe bucarli nei pertugi giusti; ammettiamo che a parole è facile, ma la matassa Bisceglie va dipanata proprio così.
Forza ragazzi, ancora tre partite che potranno darci tutto, non nulla: non sbagliamo ancora una volta – Diego Di Feliciantonio –