Volendo quindi cimentarci nello stesso tentativo con le ennesime dichiarazioni del Presidente Marsilio sul Gran Sasso, in cui dice testualmente “Questa infrastruttura è ipso facto fuori legge, se si pretende di metterla in sicurezza nel rispetto di tutte le norme, vuol dire che due delle tre funzioni, tra acquedotto, traforo e laboratori sono incompatibili e bisognerà scegliere quella che deve restare“, ci sovviene questo pensiero “non è che più facile ricorrere al solito escamotage all’italiana per varare deroghe alle leggi di tutela esistenti invece di applicarle?”
Queste dichiarazioni di Marsilio ci ricordano tanto quelle di Strada dei Parchi dell’aprile 2019 che minacciava la chiusura del Traforo per il supposto rischio di non voler reiterare reati sull’acqua, a cui seguì un coro acritico e quasi unanime da parte della politica, compreso Marsilio, che si adoperò addirittura andando dal Procuratore Capo di Teramo che piuttosto irritualmente lo ricevette. Seguì anche un vertice al MIT con decine di enti del quale incredibilmente si decise di non redigere un verbale.
Peccato che oggi, grazie alle intercettazioni ordinate dalla Procura di L’Aquila, sappiamo che gli unici ad avere ragione eravamo noi quando avevamo immediatamente spiegato che non esisteva alcun rischio di reiterazione del reato – visto che la Procura di Teramo non aveva ordinato alcun sequestro preventivo che sarebbe stato obbligatorio in caso, appunto, di pericolo di reiterazione – e che le ragioni della minaccia di chiusura erano ben altre e dovevano essere cercate anche nel mancato adeguamento delle gallerie alle norme comunitarie da parte del concessionario entro il 30 aprile 2019. Marsilio sta chiedendo conto, come fa la Commissione Europea che ha aperto una procedura d’infrazione contro il paese sulla questione, delle responsabilità di tale mancato adeguamento? E i parlamentari?
Come allora, oggi sosteniamo che quello di Marsilio è solo l’ennesimo tentativo di rappresentare una situazione di fatto che semplicemente non esiste, cercando di deresponsabilizzare chi invece le norme le deve e può tranquillamente rispettare ora. Lo abbiamo visto con la pulizia dei tunnel: basta seguire le procedure dettate dalle leggi esistenti usando adeguate tecnologie e si opera in sicurezza. Idem nei Laboratori, che hanno finalmente iniziato a fare la Valutazione di Incidenza sugli esperimenti futuri, grazie alle nostre segnalazioni.
Marsilio non sa che l’art.94 del Testo Unico dell’Ambiente prevede già ora, sull’acqua potabile, che qualora un centro di pericolo non sia altrimenti delocalizzabile, si può procedere con la semplice messa in sicurezza, ovviamente con le migliori tecnologie esistenti?
I due tunnel sono “delocalizzabili” rispetto agli acquedotti esistenti? Ovviamente no, per cui si rimane tranquillamente nelle previsioni di legge già esistenti senza dover chiudere un bel nulla mettendo in sicurezza seguendo le leggi esistenti.
Sulla crisi idrica di L’Aquila, se il gestore acquedottistico chiede preventivamente, almeno come sembra dalle comunicazioni apparse sulla stampa, di sospendere i lavori del Commissario Gisonni che invece vanno avanti lo stesso costringendo la società acquedottistica a disporre l’interruzione di un pubblico servizio fondamentale, c’entrano le regole ciniche e bare oppure semplicemente responsabilità di qualcuno che vanno accertate?
Il Gran Sasso non può rimanere sempre “ostaggio” di un sistema che non vuole ammettere che esistono limiti intrinseci e norme da rispettare e in cui in ogni caso va privilegiato il bene primario e strategico “acqua” mettendo in sicurezza le altre due con tecnologie e modalità d’uso adeguate che per i laboratori può anche significare impedire l’introduzione di alcune sostanze pericolose anche nel futuro – Mobilitazione per l’acqua del Gran Sasso –