Oggi è il “D-day”. Forse. E’ il giorno dei giorni. Forse. Oggi sapremo. Oggi il Presidente Marsilio dirà. ” Ce vò lu temp’ p’asponn’ combà”. Oggi Marsilio risponderà alla interrogazione di Sandro Mariani che in sintesi dice “ Ch’ ti mess’ in ment’, arcacc’ li sold’”.

Chi segue, e non sono tanti, ricorderà che D’alfonso con i Fondi del Masterplan per la provincia di Teramo intese finanziare “Interventi di valorizzazione dell’ex manicomio di S. Antonio Abate – Teramo”. Un polmone importantissimo, strategico, per la città di Teramo per centralità e grandezza. Il progetto che ne venne fuori fu definito dalla città tutta come Fantozzi definisce la corazzata Potemkin. Non mancarono foto. Video. Aperitivi vari. Giacche firmate, cravatte ValenPino by Marrakech, scarpe nuove e cotillon. Ma resta intatta l’importanza. Marsilio & co per ringraziare gli elettori pensò bene di sottrarre nella calura estiva  il 93% di quelle risorse lasciando il territorio con il culo per terra. Accusando l’Università, -soggetto attuatore – di non aver rispettato il cronoprogramma stabilito dalla Delibera CIPE n. 26 del 2018 . Elemento che avrebbe permesso alla Regione Abruzzo a includere la riqualificazione dell’area dell’ex manicomio di Teramo tra le opere da de-finanziare. Ma, comunque, promise che sarebbero state ristornate in seguito. Che non fosse vero apparve subito chiaro e lo scrissi. Perché sulla cosa non disse nulla il risolutore, il Mister “Wolf” della giunta: D’Annuntiis. Il pratica il volpone romano tra na carbonara di Angelino e na trippa di Sora Lella non disse quando avrebbe ricacciato i sordi. E in pratica ci mannò a dì “Annatela a piarla in der culo” . E ci stà.

Intanto, tra sprechi, ritardi e pressapochismo nella attuazione della Rete Covid è andata in scena l’ultima commissione sanità della Regione Abruzzo. Quello che è emerso nel corso delle audizioni dell’Assessore alla Sanità Nicoletta Verì fa scrivere a dei consiglieri regionali che “dopo nove anni di commissariamento, torna, nel mezzo di una pandemia, il rischio di finirci nuovamente”.  È il momento di porre una riflessione seria, approfondita, reale su quanto accade nella sanità regionale. Un commissariamento significherebbe non solo vanificare gli sforzi fatti in questi anni dagli operatori sanitari, oggi più che mai in prima linea nella lotta al Covid-19, ma anche il baratro per il diritto alle cure di tutti i cittadini abruzzesi. Invece di discutere di investimenti, in Abruzzo si rischia di dover decidere nuovamente gli sforzi da compiere per tagliare le spese: una situazione che va evitata con ogni mezzo. Sempre oggi si dovrebbe parlare, forse, di un Consiglio regionale straordinario e urgente su un buco di bilancio di quasi 100 milioni di euro della Sanità della Regione Abruzzo che, in meno di due anni, e’ riuscita ad accumulare un disavanzo “monstre” a chiusura del quarto trimestre 2020: appare paradossale leggere queste cifre alla luce dei 108 milioni di fondi governativi per affrontare il Covid, sommati alle risorse in più per il Servizio sanitario regionale.

C’è bisogno di chiarire e sviscerare questi numeri allarmanti, di entrare nel merito e comprendere quanto sia effettivamente legato al COVID e quanto alla gestione ordinaria. C’è bisogno di un’analisi approfondita che possa dare contezza della strada da seguire, mentre nel frattempo la condizione dei presidi sui territori continua a essere aggravata dalla mancanza di una programmazione sanitaria e dalla mancanza di un piano vaccinale regionale di contrasto al Covid, con la terza ondata di contagi inesorabilmente in atto. Le strutture ospedaliere hanno superato tutte le soglie di criticità. È necessario che vengano adottati specifici piani regionali, rintracciando nella rete ospedaliera esistente un presidio per ogni provincia dedicato al trattamento dei pazienti Covid.

L’ultimo scandalo è quello dei vaccini, essendo l’Abruzzo la Regione con meno vaccinati in assoluto, con  le terapie intensive strapiene, medici e operatori sanitari allo stremo, anche perché nonostante tutti i soldi arrivati dallo Stato al precipuo fine, gli incrementi di personale sanitario non si sono visti.