PESCARA –  Abbiamo letto della proposta di legge istitutiva dell’Ispettorato delle Funzioni Sociali a firma del Presidente del Consiglio regionale d’Abruzzo Lorenzo Sospiri e della Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza dell’Abruzzo Maria Concetta Falivene. Nel merito riteniamo che ipotizzare un nuovo meccanismo di ispezione che, svilendo le odierne professionalità in campo nell’ambito dei servizi sociali afferenti le autonomie locali, il sistema giudiziario, in sostanza i servizi pubblici sul territorio, costituisce una ulteriore stratificazione di competenze che, prevista per altro in capo all’Ispettorato nazionale del lavoro già oggetto di numerose operazioni di riforma organizzativa, non affronta le odierne criticità che interessano il settore e per altro lo fa in maniera generica non indicando, anche visto il delicato ambito di intervento, le competenze professionali necessarie. Diversamente siamo convinti che ciò che serve, che chiediamo ad ogni livello e che purtroppo non c’è nella nostra regione, è una governance delle politiche sociali, nella sua complessità, a livello locale con azioni di monitoraggio, supporto e implementazione di azioni migliorative dei e per i servizi. Ciò che indispensabile è assumere personale oggi sempre più esiguo e purtroppo anche oggetto di facili e sterili posizioni demagogiche e strumentali. Ciò che andrebbe fatto è investire in formazione. E’ necessario quindi agire qui ed ora. Non è possibile che la soluzione a disfunzioni e/o criticità sia sempre in capo ad un livello normativo carenze o ad una responsabilità attribuita ad un altro livello istituzionale. Ciò che colpisce è l’assenza, non l’abbiamo trovata nella relazione alla proposta legislativa, di una analisi su dati concreti della situazione abruzzese a corollario della tesi che si argomenta. Abbiamo contezza delle reali condizioni dl contesto di cui parliamo? Le attività dell’osservatorio regionale cosa evidenziano? Potremmo partire da una attenta attività di verifica, magari congiunta tra i vari livelli istituzionali, dei dati circa i casi di specie ma non solo. Pensiamo ad esempio che sia necessario aprire una discussione sul tema degli organici, in tanti casi precario, che opera negli ambiti sociali. Per iniziare anche a cogliere le opportunità di investire risorse ad esempio per l’assunzione di assistenti sociali. Auspichiamo che questa occasione possa aprire una discussione politica locale sulla complessa questione delle politiche sociali nella nostra Regione, sul funzionamento degli ambiti sociali, sulle professionalità che vi lavorano, sul sistema giudiziario e di custodia minorile. Insomma di quel mondo fatto di fragilità da tutelare ma anche, per fortuna, di servitori dello Stato che ogni giorno, anche senza strumenti, mettono tutta la loro intelligenza, tutto il loro cuore al servizio dei cittadini. Il mero richiamo a fatti di cronaca quale origine della proposta evidenzia una logica di intervento che non condividiamo convinti che, fermo restando che eventuali reati o violazione di codici deontologici, sempre di natura individuale, saranno perseguiti dagli organi competenti, le politiche sociali necessitano di una presa in carico da parte della politica a partire dalla certezza delle risorse che si traducono in assunzioni, investimenti in professionalità e formazione, sistemi di monitoraggio, governo delle prassi ed anche rispetto dellle lavoratrici e dei lavoratori che spesso sono soli di fronte alle forme più estreme di disagio ed in alcuni casi con stipendi che non arrivano o arrivano in ritardo ed anche con forme di assunzione instabili e precarie. Chiederemo alla Regione Abruzzo di avviare un confronto su queste tematiche per le quali necessitano azioni ed interventi originati da attente analisi e monitoraggio ed orientate da una visione organica dei bisogni sociali deli cittadini abruzzesi. Nel mentre nell’apprezzare l’autorevole intervento dell’ORAS Abruzzo che ha giustamente definito “la proposta intollerabile per la tutela dei più piccoli” saremo a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori del settore certi che la tutela per un “buon lavoro” è garanzia anche di “buoni servizi” per i cittadini.