Il consigliere regionale Leandro Bracco interviene dopo che la settimana scorsa il GUP del Tribunale di Teramo Marco Procaccini ha disposto il giudizio, in calendario il prossimo 10 gennaio, per diciotto persone tutte dipendenti della società Snam Rete Gas alle quali la Procura contesta il gravissimo reato di disastro colposo per quanto tre anni e mezzo fa accadde a Mutignano di Pineto quando il crollo di un traliccio provocò l’esplosione di una parte rilevante del gasdotto Snam Chieti-Ravenna.
“Fermo restando la pietra angolare rappresentata dal secondo comma dell’articolo 27 della nostra Carta costituzionale”, dice Bracco, “e cioè che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, il rinvio a giudizio comminato a carico di diciotto persone fra tecnici e dirigenti della Snam nell’ambito dell’esplosione che a marzo 2015 sconquassò la frazione pinetese di Mutignano impone una serissima riflessione e un doveroso approfondimento riguardo i metanodotti che, al contrario di quanto asserito da più fonti, non risultano essere infrastrutture indenni da rischi e incidenti. Inoltre la stabilità delle aree ha profonde connessioni con la sicurezza delle condotte”.
“Il tutto si verificò la mattina di venerdì 6 marzo 2015“, prosegue il consigliere regionale, “e fu un risveglio drammatico e terrificante per la frazione pinetese di Mutignano. A seguito dello smottamento del terreno, un traliccio dell’alta tensione si abbatté sul metanodotto provocando una deflagrazione potentissima. Diverse abitazioni vennero distrutte e solamente la volontà di Dio fece sì che le vite di innocenti non venissero troncate”.
“Nei prossimi anni la nostra regione”, aggiunge l’esponente di Sinistra Italiana, “potrebbe essere interessata dalla realizzazione di diversi metanodotti: Larino-Chieti, Sulmona-Foligno e quelli connessi sia al progetto di sviluppo riguardante il lago di Bomba che per quanto attiene agli stoccaggi come ad esempio quello di San Martino sulla Marrucina. Tutte infrastrutture che, vagliando le istruttorie, sembrano possedere (per chi le autorizza) il dono dell’assoluta sicurezza. Proprio la vicenda di Mutignano di Pineto racconta invece un’altra storia e avrebbe dovuto sollecitare approfondimenti non solo più razionali ma anche maggiormente obiettivi”.
“Basti dire”, nota Bracco, ” come al di là delle responsabilità penali che la magistratura andrà ad accertare, le indagini sembrerebbero aver evidenziato come i movimenti del terreno abbiano causato lo stato di tensione della condotta. Eppure l’area era classificata quale zona a moderato rischio idrogeologico. Come non domandarsi, allora, cosa potrebbe accadere nei pressi, ad esempio, del metanodotto Larino-Chieti? E’ sufficiente rilevare come la condotta passerà accanto a zone edificate e in più punti si troverà a intersecare l’elettrodotto a 380 kV in doppia terna Villanova-Gissi. A questo va aggiunto come dal tracciato vengano solcate aree interessate da vincoli idrogeologici”.
“Per non parlare poi”, sottolinea il Consigliere Segretario, “del metanodotto Foligno-Sulmona il quale attraversa zone ad altissimo rischio sismico. A queste circostanze si aggiunga che tali criticità sono state indicate e dettagliatamente citate dai molti Comuni i cui territori sono interessati dalle opere. Ciononostante nessuna soluzione è stata trovata al fine di garantire una sicurezza degna di questo nome. Alle istituzioni superiori tutto appare assolutamente scevro da rischi e i progetti sono stati ritenuti compatibili e il famigerato effetto domino è stato bellamente ignorato”.
“Mi auguro che l’inferno in terra che il 6 marzo 2015 prese vita a Mutignano di Pineto funga da monito. Che le lingue di fuoco alte 50 metri, le abitazioni distrutte e rese inagibili e le persone ricoverate in ospedale possano essere solamente un fosco ricordo che”, conclude Leandro Bracco, “non vada a ripetersi”.