Dopo la reclusione forzata nelle nostre case, ho letto e sentito tante persone apprezzare l’aria più pulita e il desiderio di tornare a contatto con la natura. Forse, dico forse, molti hanno compreso che il bene più prezioso che abbiamo, la salute, è strettamente connessa alla salute dell’ambiente. Eppure, soltanto pochi mesi fa, una ragazzina caparbia che ci sbatteva in faccia i nostri comportamenti irrispettosi del pianeta, e la nostra responsabilità sull’inquinamento e sul riscaldamento globale evidentemente di natura antropica, veniva additata, derisa, offesa, umiliata e insieme a lei veniva screditato tutto il movimento ambientalista, che da sempre combatte contro un rapacissimo sistema produttivo che mira solo al profitto a discapito della salute del pianeta, e quindi di noi tutti . Da sempre l’ambientalismo è visto dai più come una disciplina “sentimentale”, fatta di gente infantile che si commuove per le sorti delle api o delle piante. Questa pandemia ci restituisce brutalmente rafforzata la necessità di una visione olistica del pianeta dove tutto è connesso, come le api e le piante. La scienza ci avverte di quanto sia importante preservare il nostro polmone verde e ci informa che la deforestazione espone l’umanità al rischio di epidemie sempre più alto, dando il via libera ad un serbatoio immenso di virus sconosciuti (il cui vettore sono specie animali in larga parte sconosciute anch’esse) con la capacità di compiere il “salto di specie”, data la crescente invasione delle aree selvagge da parte di una specie che ormai domina il pianeta: l’uomo. Perché allora la ragione non riesce a suggerire ai più un comportamento rispettoso di ecosistemi che ne sanno più di noi, non foss’altro perché hanno preceduto l’avvento dell’uomo di milioni di anni? Vorrei che attorno all’ambientalismo non si creassero più fazioni, vorrei che su questo fossimo tutti d’accordo.

Luciana Del Grande