Dalla discarica di Atri a quella di Cerratina in Val di Sangro sale l’attenzione sul vecchio modello di gestione dei rifiuti ormai superato e insostenibile sia sul piano ambientale che su quello economico. Cominciamo dalla infinita storia del terzo ampliamento (per 300mila mc) della discarica Santa Lucia di Atri: il progetto il 30 settembre dello scorso anno è stato bocciato in sede di Comitato di Valutazione di Impatto Ambientale, ma la Regione sta tergiversando invece di chiudere definitivamente la questione. Una situazione assurda, con il Consorzio Piomba-Fino che sembra voler ignorare la volontà dei suoi stessi soci (i Comuni) che non hanno alcun interesse a conferire il pattume in una discarica priva di impianti di trattamento: qualora se ne servissero, infatti, dovrebbero far transitare i rifiuti in altre strutture attrezzate e solo dopo conferire nell’impianto consortile con notevole aggravio dei costi di trasporto. Senza dimenticare che il Consorzio Piomba-Fino è stato commissariato, nelle more della costituzione dell’AGIR, proprio per avviare la sua definitiva chiusura: c’è da chiedersi perché mai un Ente destinato a “scomparire” debba arrogarsi il diritto di decidere del futuro di un territorio e di chi lo abita?
Ancor più assurda la vicenda della discarica di Cerratina che senza alcun progetto in atto ventila un ampliamento (ma bisognerebbe probabilmente chiamarla nuova discarica!) per ben 800mila mc.
«In un Abruzzo nel quale – ha sottolineato il presidente regionale di Legambiente Giuseppe Di Marco – i Comuni Ricicloni con una raccolta differenziata superiore al 65% rappresentano il 60% del totale, non c’è più spazio per una politica delle discariche. Gestioni efficaci e ben organizzate, raccolta porta a porta, politiche di prevenzione, tariffazione adeguata per disincentivare la produzione dei rifiuti e aumentare la qualità dei diversi materiali raccolti, sono gli ingredienti fondamentali per lavorare alacremente sul riciclo, sull’utilizzo della materia prima seconda che ne deriva e sulla chiusura del ciclo dei rifiuti attraverso gli impianti utili e necessari come i biodigestori anaerobici».
Bene hanno fatto gli imprenditori che in Val di Sangro si sono levati in protesta contro l’ampliamento. Non va dimenticato che negli ultimi anni più del 52% delle imprese ha investito in modelli produttivi sostenibili registrando significativi aumenti in fatturato (+58%), export (+49%) e occupazione (+41%) rispetto alle aziende che invece non hanno adottato la linea green (GreenItaly 2017, fonte Unioncamere). Gli effetti benefici dell’economia circolare sulla reputazione aziendale sono altrettanto evidenti: il 78% delle aziende europee che ha adottato pratiche o iniziative di circular economy ha visto crescere la propria reputazione (fonte Ipsos).
Con l’approvazione del pacchetto dell’economia circolare sono stati inoltre introdotti obiettivi per la preparazione al riutilizzo e al riciclaggio dei rifiuti (50% già quest’anno; 60% nel 2030; 65% nel 2035). Per raggiungere questi target occorre fin da ora impostare e adeguare la rete impiantistica a supporto di queste operazioni, in assenza della quale continuiamo ad assistere alla mancata chiusura del ciclo, al ricorso alle discariche e al trasferimento dei rifiuti raccolti verso altre regioni o all’estero.
La vera sfida è il trattamento e recupero della frazione organica, a partire da digestione anaerobica e compostaggio. Attualmente infatti la forsu rappresenta in Abruzzo circa il 43% del quantitativo raccolto con la differenziata. L’ultimo rapporto del CIC indica come ad oggi gli impianti di digestione anaerobica per il trattamento dell’organico ne intercettino appena 3 milioni di tonnellate, meno della metà, e in Abruzzo viviamo una realtà ancor più delicata tra ritardi (vedi impianto previsto nel Vastese dal consorzio Civeta che, invece, continua ad apparire sulla cronache per gli incendi in discarica) e vertenze territoriali diffuse che evidenziano una realtà complessa e confusa. Considerando che nei prossimi anni la raccolta differenziata dell’umido aumenterà ancora, è evidente la carenza impiantistica cui siamo di fronte, che costringe la nostra Regione a flussi in uscita non più accettabili, anche alla luce dell’autosufficienza prevista dall’ultimo Piano dei rifiuti già a partire dall’anno in corso. Per archiviare la stagione delle discariche serve dunque completare il sistema impiantistico per il riciclo e il riuso dei rifiuti, urbani e speciali, rendendo davvero autosufficiente la nostra Regione che a partire dallo scorso anno, da Piano regionale dei rifiuti esistente, dovrebbe operare appunto in autosufficienza. E non c’è finalità pubblica che giustifichi impianti sovradimensionati rispetto alle reali esigenze regionali, solo per garantire un’apparente sostenibilità economica che rischia di alimentare ancora gestioni private.
«Non serve – ha dichiarato il delegato Abruzzo del WWF Italia Filomena Ricci – continuare ad ammucchiare rifiuti in depositi dannosi per l’ambiente e sempre più grandi, così come non serve bruciarli. Occorre una seria politica che punti in primo luogo alla riduzione degli scarti anche attraverso il riuso e il riciclaggio. Per quanto riguarda la frazione organica anche il compostaggio domestico e quello di comunità, soprattutto in una regione come l’Abruzzo, possono offrire un contributo importante e vanno per questo incentivati. L’obiettivo dev’essere rifiuti zero e prima ancora discariche e bruciatori zero».