Edmonton, capitale dell’Alberta, provincia del Canada. In lingua cree vuol dire “colline degli orsi”. Oggi ospita le riserve delle Tribù Indiane del Canada.

Qui papa Francesco è andato in “pellegrinaggio penitenziale” Qui, profondamente addolorato”, rinnova la richiesta di “perdono” per i modi in cui, “purtroppo, molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni”. Qui chiede perdono, in particolare, “per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca”.

E poi un intenso momento di preghiera silenziosa. Ad ascoltarlo, ed applaudirlo più volte, ci sono 30mila nativi guidati dai capi indigeni provenienti da tutto il Paese con i caratteristici copricapo piumati, copricapo che alla fine della cerimonia i leader pongono anche sulla testa di Francesco. Assiste anche il premier Justin Trudeau. Il Papa usa parole forti. Inequivocabili. Chiede perdono ai rappresentanti dei popoli indigeni per “le sofferenze” patite dagli indiani a causa di un sistema “devastante per la gente di queste terre”. Un “errore devastante, incompatibile con il Vangelo di Gesù Cristo”.

Il Papa evoca la bolla di Giovanni Paolo II per l’indizione del Grande Giubileo del 2000 che impegnava la Chiesa in una “purificazione della memoria. Lo fa per rimarcare che “di fronte a questo male che indigna, la Chiesa si inginocchia dinanzi a Dio e implora il perdono per i peccati dei suoi figli”. “Vorrei ribadirlo con vergogna e chiarezza – aggiunge -: chiedo umilmente perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene”. ll viaggio del Papa comincia fisicamente oggi, ma per trovare il suo vero inizio bisogna tornare più indietro. Alle denunce degli orrori provocati a ogni latitudine dalla colonizzazione ideologica, alle conclusioni del Sinodo sull’Amazzonia, soprattutto al 1° aprile scorso. Quel giorno il Pontefice ha incontrato una delegazione dei popoli indigeni canadesi. Sullo sfondo la drammatica storia delle cosiddette scuole residenziali, istituti in cui si lavorava per cancellare l’identità dei nativi. Si calcola che circa 150mila bambini furono strappati alle loro famiglie e costretti a studiare in questi centri. Circa 9mila vi trovarono la morte per malattie, fame, abusi. Durissimo a ricordo di quei fatti l’intervento del Papa. Un discorso in cui risuonarono con forza due parole: indignazione «perché è ingiusto accettare il male, ed è ancora peggio abituarsi al male». E poi: vergogna «per il ruolo che diversi cattolici, in particolare con responsabilità educative, hanno avuto in tutto quello che vi ha ferito, negli abusi e nella mancanza di rispetto verso la vostra identità, la vostra cultura e persino i vostri valori spirituali».