TERAMO – L’emendamento presentato al decreto sblocca cantieri da relatore della maggioranza di Governo non risponde alle attese e alle richieste di tutte le parti interessate alla vicenda della messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso. Si è scelto, sostanzialmente, di riproporre un regime di straordinarietà, nominando un commissario che, con i poteri assegnati, di fatto svilisce il ruolo della Regione, delle istituzioni territoriali e delle associazioni e soprattutto potrebbe celare una destrutturazione delle responsabilità.
Ma sono diverse le lacune che bisogna rilevare nell’emendamento; a cominciare dalla partecipazione: non si fa infatti cenno del coinvolgimento, pure richiesto con forza, di associazioni, cittadini, enti ed istituzioni, imprescindibile, visto che il territorio ha manifestato con straordinaria aria forza e compattezza la preoccupazione sulla vicenda, presentando anche proposte concrete di intervento.
Le risorse previste per gli interventi, poi, sono decisamente carenti soprattutto in riferimento ai 172 milioni già stimati dalla Regione per la messa in sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso.
Preoccupa inoltre la sostanziale deroga all’art. 9 del Decreto 152/2006 sull’Ambiente, che definirei particolarmente incisiva, in termini negativi, e che di fatto non è in linea con quanto da noi sostenuto sin dai primi momenti, e cioè che la contrapposizione tra il valore rappresentato dal bene acqua e i pur legittimi interessi espressi dalle parti in causa, deve necessariamente dar giustizia al primo subordinando ad esso, in qualsiasi considerazione e scelta, i secondi.
Alla luce di queste ragioni, ritengo l’emendamento non soddisfacente, per cui invito il Governo e il Parlamento a motivare neilo stesso nei predetti termini e ad ascoltare con attenzione le istanze e le proposte che giungono dal territorio.