TERAMO – Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di uno studente teramano sulle scarse possibilità che offre il territorio per il suo futuro. La lettera affronta quello che si nasconde dietro la ormai abusata nozione della “fuga dei cervelli”.

Oggi, essere giovani in Italia e voler lavorare è un atto di coraggio. Parliamo di milioni di ragazzi che non sono “disoccupati”, ma “inoccupati”, come se fossero in attesa, bloccati in una sorta di limbo tra ciò che è stato promesso e ciò che viene realmente offerto. In un recente articolo del Sole 24 Ore si leggeva che il 20,4% dei giovani italiani rientra nella categoria “NEET” – Not in Employment, Education, or Training – e puntualmente si sente dire: “I giovani di oggi non hanno voglia di lavorare”, “Vogliono tutto e subito”, “Andassero a lavorare per capire cosa significa sacrificio”. Ma siamo davvero sicuri che sia così?

La realtà è ben diversa. I giovani di oggi vogliono lavorare, hanno idee, progetti, energia da vendere. Ma il sistema che dovrebbe agevolarli, tra Stato, aziende e università, li blocca in un ciclo di richieste contraddittorie e porte chiuse. Le aziende cercano candidati con “esperienza”, anche per ruoli di ingresso, ignorando chi ha iniziato presto a formarsi sul campo; per altri ruoli, scartano chi ha già maturato competenze perché “troppo qualificato”. E se non ti rispondono nemmeno, rimani sospeso, senza possibilità di capire dove migliorare o come proseguire. Non si tratta di “voler tutto e subito”: si tratta di essere lasciati fuori da un sistema che sembra costruito per scoraggiare chi si fa avanti.

Siamo una generazione che affronta il mondo del lavoro con coraggio, ma ci ritroviamo davanti a un percorso labirintico che sembra fatto per confonderci e per bloccare la nostra crescita.

E allora, la domanda è questa: chi si sta perdendo davvero un’opportunità? Perché forse, di fronte a questa generazione di giovani preparati, flessibili e pronti a costruire il proprio futuro, sono proprio le aziende e lo Stato che si stanno lasciando sfuggire una possibilità straordinaria di crescita e innovazione.

Inoltre, nessuno può criticare l’aumento costante della “fuga di cervelli” come se fosse una scelta di comodo. Chi davvero conosce la situazione sa che quei giovani che preparano le valigie, che lasciano gli affetti, gli amici, le famiglie per cercare all’estero ciò che qui non gli è concesso, meritano solo stima e rispetto. Ci vuole coraggio per fare un passo del genere, per rinunciare a tutto ciò che è familiare pur di crearsi un futuro, un’opportunità che a casa non trovano.

E ironia vuole che, spesso, saranno proprio quelle aziende che li hanno rifiutati, che non hanno creduto nelle loro capacità, a rincorrerli qualche anno più tardi. A quel punto, però, quei giovani avranno già fatto strada altrove, avranno trovato una realtà che li ha accolti e valorizzati fin dal primo giorno. E chi li ha persi dovrà accettare di aver sprecato un’occasione. Non saranno i giovani a dover tornare indietro, ma le aziende e lo Stato, che si accorgeranno troppo tardi di avere davanti un’intera generazione di talento in fuga –  Leonardo Tarli –