30 ottobre 2016 – 30 ottobre 2018. A due anni dall’evento sismico che colpi’ il cuore di Teramo, siamo ancora in piena fase emergenziale. Emergenziale, badi bene. Emergenza per gli sfollati, che si contano in oltre 4.000. Emergenza (paradosso) per la ricostruzione, mai partita. Emergenza USR dove da mesi si aspettava l’aumento delle unita’ lavorative necessarie all’accelerazione della visione della pratiche. Niente si e’ mosso. Tutto fermo, se non qualche dichiarazione istituzionale succedutasi in questi mesi. Siamo ancora in piena fase post sisma, tanto che sarebbe doveroso che il Governo prorogasse lo stesso stato di emergenza. Il Capoluogo, ma non solo, a distanza di due anni paga lo scotto di centinaia di cittadini allontanatasi per paura o per necessita’, finendo per dare il colpo finale ad una gia’ martoriata economia cittadina. Di ricostruzione, dicevamo, privata, ma anche pubblica, Teramo sta lentamente subendo tutti gli iter burocratici piu’ perversi. A due anni di distanza da quella terribile domenica mattina… quando il fragore del terribile sisma ci sveglio’ tutti, e ricordo’ a tutti le nostre piu’ profonde fragilita’, forse sarebbe il caso di tornare ad alzare la voce nelle sedi opportune, almeno con lo stesso fragore. Tornare a battere i pugni a Roma. Perche’ di emergenza non puo’ vivere la ricostruzione. Perche’ di “post-sisma” non puo’ morire una citta’.