Attenzione e ascolto: forse ce ne vorrebbe di più anche per accompagnare chi non desidera vivere.
Davvero drammatico il fenomeno dei suicidi a Teramo e provincia. Forse, proprio per questo occorre essere molto attenti a dosare le parole.
La vita è un dono di inestimabile valore. Allora, come abbiamo esultato per quel giovane di 18 anni che ha avuto il trapianto dei polmoni con ottimo esito, in quanto i suoi erano stati irrimediabilmente compromessi dal Covid 19, la stessa attenzione e cura andrebbe rivolta nei confronti di chi ha una irrimediabile ed irreversibile volontà di non proseguire l’esistenza.
Qual è la differenza tra quel giovane che è stato restituito alla vita grazie a quell’eccellente trapianto ed un’altra persona, casomai altrettanto giovane, che non ne vuole più sapere di continuare la propria vita, che ha già decretato di essere un fardello dal peso insopportabile ?
Si spiega con una parola sola: che il primo quell’aiuto lo invoca, il secondo, spesso, la vicinanza di qualcuno neppure la cerca, perché si è fatto una domanda e si è già dato una risposta.
Un Paese civile, degno di essere definito tale, deve sapersi inserire, deve riuscire a trovare uno spiraglio in cui introdursi ed offrire una possibilità, dando modo a chi ritiene di aver preso “quella” decisione , che vi sono altre opzioni : casomai illustrate dopo un paziente ascolto.
Qualche giorno fa ho letto di un piccolo comune del padovano, Villa del Conte, la cui Sindaca è candidata a ricevere il premio World Mayor Prize 2020
Si tratta di un riconoscimento biennale della City Mayor Foundation di Londra, che quest’anno vuole premiare i sindaci che si sono distinti, nel mondo, in maniera eccezionale nel proteggere i propri cittadini dagli effetti della pandemia.
Non sappiamo ancora se Antonella Argenti, sindaca di Villa Del Conte, arriverà ad ottenere questo ambito riconoscimento, ma già appartenere ad una rosa di 37 finalisti del Pianeta ed essere una dei quattordici primi cittadini europei, rappresenta un successo strabiliante.
Cos’ha fatto di così sensazionale questa sindaca? Ha istituito l’Assessorato alla Solitudine.
Ha compreso che, tra le gravi mancanze e le tante lacune che questa crisi pandemica ha determinato, sicuramente ai primi posti c’è l’angoscia dell’essere privi di qualcuno con cui confrontarsi e da cui essere confortati,.
Certamente ha intuito che c’è il dramma della indeterminatezza, c’è quell’essere sospesi che non dà la prospettiva che vi siano punti di riferimento, attracchi in cui “ormeggiare” in attesa che la “mareggiata burrascosa” si plachi per poi “tornare a prendere il largo”.
Allora questo piccolo comune cosa si è inventato? Ha istituito, tra gli altri sistemi per dimostrare che la Comunità civica c’è ed è vicina alle persone, uno staff.
In questa equipe esercitano un ruolo un ruolo degli psicologi, dei nutrizionisti, degli odontoiatri con l’incarico di circolare continuamente tra tutti gli abitanti, raccogliere tutte le istanze, ma soprattutto “perdere tempo” con le persone: un dettaglio di cui si è perduta la cognizione.
Qual è oggi la percezione che si ha del municipio? La sensazione diffusa è quella di andarci solo quando si ha un problema “importante” da sottoporre, una questione urgente da avanzare, nell’ansia e con il timore che qualcuno prima di noi o subito dopo che noi prospetterà qualcosa di ancora più urgente e prioritario rispetto alla nostra questione.
Stavo prima accennando al concetto del “perdere tempo”: ma cosa significa, in questo periodo di “tempo trafelato”?
Abbiamo perduto persino la capacità di declinare il tempo come erano soliti fare gli antichi greci che definivano “Kronos” il tempo da destinare alle faccende, alle commissioni, alle questioni spicciole, mentre riservavano al termine “Kairos”, la definizione di “tempo” come spazio in termini di ore, di giorni, di mesi o di anni al centro dei quali c’è la propria vita, i propri sogni, le proprie speranze.
Quindi “Kairos” serviva ad indicare il momento che il soggetto destinava per progettare una esistenza davvero significativa: ricca di senso.
Pertanto questo termine sarebbe stato impiegato quando la persona fosse stata impegnata a discorrere con gli dei, ad incontrare la compagna della propria vita, ad avere cura dei propri genitori, a saper trovare il momento adatto per accarezzare i figli, a stabilire un rapporto empatico con il proprio simile. C’è da chiedersi: riusciamo ancora ad attribuire alla nostra vita un senso che risulti essere appropriato?
Oppure ci trasciniamo, appoggiandoci ora ad una persona, ora trovando energia nel ruolo esercitato?
Sono questioni che nel tempo recente vengono forse “etichettate” come cervellotiche o troppo impegnative, per cui “non ne vale la pena” e, tutto sommato, è meglio “vivere alla giornata”.
Non sempre questa risulta essere la strada che ci tranquillizza, che ci permette di vivere in armonia con noi stessi, al punto che un “estremo gesto” viene percepito come una soluzione efficace.
di Ernesto Albanello
Ernesto Albanello