Papa Francesco fa vivere a L’Aquila e all’Abruzzo una giornata storica. Parla di speranza, di dolore e dignità, ma anche di “un impegno lungimirante” per la ricostruzione spirituale e materiale. Il Papa al popolo “resiliente” de L’Aquila, che dopo circa tredici anni ancora soffre le conseguenze del terribile terremoto del 2009 che provocò oltre 300 morti e 1600 feriti dice “Jam’ nnanzi”.
Il Pontefice con il nome di Francesco celebra la Perdonanza Celestiniana voluta dal suo predecessore rimasto famoso per aver rinunciato al Soglio di Pietro . , ed è il primo Pontefice ad aprire la Porta Santa. Con un gesto senza precedenti nella storia del papato, Francesco a Collemaggio apre la porta santa della Perdonanza celestiniana con una cerimonia suggestiva nella sua semplicità, seduto in carrozzella in profondo raccoglimento davanti al portale. “Concedi a quanti varcheranno questa soglia di ottenere la salvezza“. Poi rimessosi in piedi, Papa Francesco ha eletto L’Aquila capitale del perdono e della pace: non poteva esserci investitura più potente di quella che ci ha regalato oggi il Santo Padre. Ma Francesco ci ha consegnato anche una lettura storica e di spessore morale e spirituale.
Francesco corregge Dante: ”Erroneamente ricordiamo la figura di Celestino V come “colui che fece il gran rifiuto”, secondo l’espressione di Dante nella Divina Commedia; ma Celestino V non è stato l’uomo del “no”, è stato l’uomo del “sì”. Indicandolo come “un testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è la Misericordia”. Il Papa dimissionario inventò infatti il Giubileo . E concesse per la prima volta l’indulgenza plenaria per tutti i fedeli indistintamente (senza essere ricchi che potevano pagare o crociati in Terra Santa) e non ogni 50 anni ma ogni anno a fine agosto. Un dono di misericordia di un papa che rimase sul trono di Pietro solo tre mesi e se ne andò (700 anni prima di Benedetto XVI ) ma fu presto proclamato santo. Nell’aprile 2009 in visita nella città dell’Aquila devastata dal terribile terremoto, Benedetto XVI nella Basilica di Collemaggio aveva reso un omaggio, in quel momento incomprensibile, ma, dopo la sua rinuncia del 2013, fortemente significativo, a Celestino il Papa eremita (1215-1296) .
Poco prima, nell’omelia della Messa Il Papa aveva “corretto” Dante. “Celestino V non è stato l’uomo del “no”, è stato l’uomo del sì”.: Celestino V non è stato l’uomo del no, ma del sì. Quindi, non il Papa del gran rifiuto, ma il Papa che ha saputo interpretare il vangelo attraverso la forza degli umili che lui tanto amava.. Davanti alla Basilica di Collemaggio, Francesco parla dell’umiltà e della mitezza del suo predecessore. E lo indica come “testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui – sottolinea – noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è la misericordia”. E la “misericordia è il cuore stesso del Vangelo, è sentirci amati nella nostra miseria” ed “essere credenti non significa accostarsi a un Dio oscuro e che fa paura”. Un concetto sul quale il Pontefice insiste molto anche con ampie aggiunte a braccio al testo dell’omelia. Diventa così importante, proprio sull’esempio di Celestino V, la libertà interiore. Guerre violenze e ingiustizie nascono dove non c’è. Così come “l’individualismo, l’egoismo, l’interesse la sopraffazione”.
Tutto intorno migliaia di persone dietro le transenne a scattare foto dai telefonini nel consueto bagno di folla. . Sul sagrato, invece, sotto un sole timido e ai piedi del palco bianco campeggiano striscioni con scritte tratte da frasi del Papa come “Il perdono è un diritto umano” o “Il mondo ha bisogno di pace”. In prima fila ci sono i parenti delle vittime del terremoto. Francesco così raccoglie la tradizione della perdonanza celestiniana, la arricchisce con il suo magistero e la proietta a livello planetario. La Porta Santa della Perdonanza verrà aperta non solo ai pellegrini che visiteranno questi luoghi, ma sarà spalancata sul mondo intero. “Speriamo che tutti i popoli, specie quelli lacerati da conflitti e da divisioni interne, possano varcarla, idealmente, e ritrovare le vie della solidarietà e della pace”.
E di pace il Papa parla all’Angelus. “Il Dio della pace ravvivi nel cuore dei responsabili delle nazioni il senso umano e cristiano di pietà, di misericordia”. Auspica che “sia pronta e generosa la solidarietà internazionale”. Tutte intenzioni, che papa Francesco depone ai piedi della tomba di Celestino V davanti alla quale, una volta entrato in Basilica, si è soffermato diversi minuti in preghiera. ? E a L’aquila ha augurato: “Sia davvero capitale di perdono, di pace e di riconciliazione” Rivelando tra l’altro un retroscena, che gli serve da similitudine. “Misericordia di Dio e nostra miseria vanno insieme. Se qualcuno vuole arrivare alla misericordia di Dio, senza passare per la propria miseria, ha sbagliato strada”. Rivela di averlo pensato quando era in elicottero e il pilota non riusciva ad atterrare per la nebbia. “Girava, girava, ma poi ha visto un piccolo buco nelle nuvole e si è buttato – ha raccontato Francesco – Bravo. Un maestro. Ecco la misericordia di Dio è così. Gira, gira finché non trova un buco nella nostra miseria”. Solo con la misericordia, infatti, “la vita di ogni uomo e ogni donna può essere vissuta con gioia”. E attraverso la misericordia, attraverso “il perdono ricevuto e donato”, si costruisce la pace. Diventa così importante, proprio sull’esempio di Celestino V, la libertà interiore. Guerre violenze e ingiustizie nascono dove non c’è. Così come “l’individualismo, l’egoismo, l’interesse la sopraffazione”.
Il pensiero del Papa va poi alle sofferenze degli Aquilani. Così come aveva fatto all’arrivo in piazza Duomo. “Avete sofferto molto a causa del terremoto, e come popolo state provando a rialzarvi e a rimettervi in piedi. Ma chi ha sofferto deve poter fare tesoro – dice Francesco – della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri. Voi potete custodire il dono della misericordia perché conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato. Voi potete custodire la misericordia perché avete fatto l’esperienza della miseria”. E anche chi ha subito un “terremoto dell’anima” può imparare la vera umiltà. “Umiltà e mitezza sono le caratteristiche di chi ha il compito di custodire e testimoniare la misericordia”.