PESCARA – Il rinvio dell’udienza odierna del processo per la tragedia di Rigopiano era cosa nota ormai da inizio aprile, quando i consulenti nominati dal Gup Gianluca Sarandrea erano andati sul luogo della valanga per terminare lo studio sulle cause del disastro che, il 18 gennaio 2017, portò al crollo del resort e alla morte di 29 persone.

Per i familiari delle vittime, però, il ritorno in aula questa mattina è stato piuttosto amaro.

Hanno dovuto prendere atto del fatto che il Gup ha concesso ulteriori 60 giorni di tempo per la consegna della perizia finale. La scadenza dunque non sarà più fissata al 12 maggio, ma slitta a luglio. A questo punto a cambiare sono anche gli scenari futuri. Con la chiusura del tribunale per la pausa estiva le udienze non riprenderanno prima di ottobre. Le prossime date fissate sono quelle del 26, 27 e 28 ottobre e poi 9, 10 e 11 novembre. Anche se tutto questo non dovrebbe incidere sui tempi. Il giudice, alla ripresa, sembra intenzionato a procedere sulle tre udienze settimanali per arrivare a una sentenza finale al massimo per inizio 2023.

Amareggiati i parenti delle vittime. Questa mattina a Palazzo di Giustizia di Pescara erano presenti diversi familiari delle 29 persone che persero la vita nel resort travolto dalla valanga. “Sapevamo dei trenta giorni richiesti per portare avanti le perizie – spiega Gianluca Tandama dei sessanta lo abbiamo appreso successivamente dalla stampa. Oggi siamo qui per capire bene il motivo. Anche perché la perizia fatta dalla Procura è più che valida e siamo convintissimi che tutti gli altri periti del giudice e non di parte faranno un ottimo lavoro. Noi auspichiamo che ci siano condanne certe. La chiusura nel 2023 vedremo. Oggi hanno fatto un calendario fisso. La paura della prescrizione c’è, anche se minima, e quel minimo dobbiamo spazzarlo via. Non possiamo tornare a casa con il dubbio di dire ai nostri cari che non sappiamo chi è il colpevole. Vogliamo sapere e lo chiediamo dall’inizio chi sono i colpevoli e chi gli innocenti. Adesso bisogna lavorare sul contenuto delle udienze – conclude Tanda -. Non è stata colpa della natura. Le responsabilità vanno accertate” – ANSA –