TERAMO – E’ un auspicio, ove esistessero le condizioni. Il fine è quello di ipotizzare un gruppo societario futuro più ampio e, quindi, più forte.

Per il Città di Teramo magari tornato ad essere Teramo Calcio ed anche gestore del “Gaetano Bonolis“, l’auspicata Serie D del domani (anche se la storia biancorossa è ricchissima di campionati di quarto livello – ndr -) non dovrebbe essere priva di ambizioni.

Certo, tra il dire ed il fare ce ne corre, ma una società che ha già creato della solidissime fondamenta, sviluppandosi ulteriormente affronterebbe quelle fatiche con uno sforzo minore. E’ innegabile, pertanto, che una base societaria più ampia, ma se coesa come l’attuale, agevolerebbe il lavoro del club: da qui le “voci”, tipiche del calcio e di questi tempi.

Luciano Campitelli? Incompatibile: lui rimane un bel puledro da corsa vincente, ma se solo e con partner silenti. Già Ercolino Cimini sarebbe diverso, ma non riusciamo proprio a vedere scissa quella coppia. Luigi Di Battista? Oramai è con le mani e con i piedi nel “progetto Notarescoche non abbandonerà: d’altronde nell’estate del 2019 fu “espulso” dal Teramo Calcio dove sarebbe restato anche volentieri (con Mauro Schiappa – ndr -) e queste cose non si dimenticano, anche se la storia è stata nel mentre riscritta daccapo. Salvatore Di Giovanni? Secondo noi, e sottolineiamo secondo noi, il nome resta papabile e non per il fatto che nelle ultime partite è stato visto sugli spalti sia contro la Torrese sia in Coppa Italia, ma perché tra lui ed il presidente Filippo Di Antonio l’unione d’intenti appare possibile, anche se l’esperienza di una sola stagione vissuta nel San Nicolò direbbe il contrario. Il tempo che passa, però, migliora proprio le qualità che smussano gli angoli ed i dissapori e poi, stavolta, si parla della prima squadra della nostra città, un modello da dover continuare a migliorare ed un cruccio dal quale non dover più “sfuggire”, tanto da sorridergli.