Il Ministro per la disabilità Erika Stefani ha chiuso ieri l’importante rassegna educativa “Abruzzo contro il bullismo” organizzata dal Premio Borsellino con il patrocinio dell’assessorato all’istruzione della Regione Abruzzo guidato da Pietro Quaresimale. La rassegna sviluppata su 22 incontri in 18 istituti scolastici con 34 diversi relatori esperti docenti, volontari, informatici, avvocati, giornalisti, specializzati della polizia postale, ha ottenuto uno straordinario successo. E un significativo riconoscimento anche da parte del ministro Stefani che ha  ringraziato  gli organizzatori visibilmente soddisfatta del successo dell’incontro con i giovani, e sviluppato un lungo intervento parlando direttamente agli studenti – in presenza e streaming – esprimendo un concetto basilare “Le parole sono importanti quando parliamo di una persona con disabilità perché possono rappresentare una barriera culturale”

Qualsiasi condizione di disabilità espone lo studente al maggior rischio di essere vittima del bullismo. Chi compie atti di bullismo verso le persone con disabilità risponde in genere alla necessita di “proiettare” sull’altro, e quindi allontanare da sé, le proprie fragilità. Il bullismo non riguarda soltanto il “bullo” così come la disabilità non riguarda solo la “vittima”. L’intero contesto ambientale ne è coinvolto: il bullismo, infatti, si delinea come una dinamica di gruppo, nella quale i soggetti si sostengono e rinforzano l’un l’altro, reciprocamente. In altre parole, si tratta di un fenomeno dinamicorelazionale, le cui strategie di contrasto dovrebbero coinvolgere necessariamente l’intero gruppo sociale di riferimento, composto sia di pari che di adulti, nessuno escluso. Usare un linguaggio inclusivo, può richiedere uno sforzo. Perché per rapportarci alla società spesso ricorriamo a stereotipi e luoghi comuni, anche se in maniera inconscia. “Parlare di disabilità significa avere a che fare con un mondo complesso e il rischio di usare una terminologia scorretta è sempre dietro l’angolo”. Il linguaggio è lo strumento attraverso il quale diamo espressione alla nostra concezione della realtà, che è in continua evoluzione. Ma la cosa più importante da tenere a mente è una: chi ha una disabilità è prima di tutto una persona. Con le sue necessità, esigenze, desideri, paure e sogni. Una persona con un nome e un cognome. Impariamo ad usare un linguaggio inclusivo per superare le barriere culturali!