PESCARA – Con la sentenza n. 9 del 29 gennaio 2021, la Corte Costituzionale ha deciso il ricorso proposto dal Governo sulla legge regionale 34/19 relativa alle norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
La Consulta si è pronunziata, innanzitutto, in merito alla legittimità della previsione della disciplina regionale che considera la residenza nella regione Abruzzo quale elemento rilevante per l’attribuzione di punteggi al fine della formazione della graduatoria di assegnazione degli alloggi. Secondo i giudici della Corte il punteggio aggiuntivo in graduatoria sulla base della residenza protratta per più di 10 anni è legittimo ma deve conservare un carattere meno rilevante sull’attribuzione del punteggio rispetto alle condizioni soggettive e oggettive di necessità da parte del richiedente. Pur essendo corretta la linea di principio, quindi, va rivisto il punteggio che in origine attribuiva un massimo di sei punti.
Se l’onere a carico degli stranieri di documentare l’assenza di proprietà nel paese di origine è stato ritenuto illegittimo in quanto tale adempimento è irrilevante rispetto all’effettivo bisogno di un alloggio in Italia, la Corte ha, comunque, ritenuto infondato e, dunque, respinto il ricorso dello Stato avverso quella parte della normativa regionale sull’edilizia residenziale pubblica che richiede per i cittadini extracomunitari l’obbligo di produrre la documentazione reddituale e patrimoniale del Paese in cui hanno la residenza fiscale (art. 5 comma 4.2. LR 96/1996). La Consulta, sul punto, ha infatti sottolineato che “l’obbligo di produzione della prescritta ulteriore documentazione può avere una ragionevole giustificazione, in quanto diretto a dare conto di una condizione reddituale e patrimoniale che, per il fatto di non avere il soggetto interessato la residenza fiscale in Italia, sfugge alle possibilità di controllo delle autorità italiane e in concreto alle verifiche previste dalla normativa in materia”.
Rimane vigente anche la parte della legge n. 96 che inibisce la possibilità di ottenere un alloggio popolare alle famiglie i cui componenti hanno avuto condanne penali per svariate tipologie di reato, compresi quelli di vilipendio.
“Il tentativo di smontare la Legge sulle case popolari voluta dalla Regione Abruzzo – ha commentato il presidente Marsilio – non è riuscito. Con la sentenza della Corte Costituzionale, infatti, emerge che nella nostra legge non c’è nulla di discriminatorio nei confronti dei cittadini stranieri che vivono in Abruzzo. Nello spirito della legge, secondo quanto suggerito dai giudici della Consulta, adegueremo il punteggio relativo al periodo di residenza in Italia per attribuire il giusto peso nella redazione delle graduatorie”.