“Paolo, Paolo Pa, Paolo maledetto, ma perché non l’hai, perché non l’hai detto”.
Il Paolo cantato nel 1980, con maestria e voce inconfondibile dal mio amico Francesco Di Giacomo del “Banco del Mutuo Soccorso”, che con “trucco invadente” e “vestito d’angelo assassino” passando col “cuore in fretta” per il cortile, andava “al parco la domenica” non era Paolo Pasolini, come da alcuni scritto. In realtà il Paolo del brano era un amico del gruppo che abitava a Zagarolo col suo segreto (“ma perché non l’hai detto?”) in un piccolo paese della provincia romana (“è difficile da noi in periferia”). Il Banco non avrebbe potuto trovare parole, e musica, migliore per trattare un argomento del genere, sempre così attuale. Uno può anche cantarla tranquillamente senza capirne il vero significato, pensando sia una canzoncina commerciale, ma la scelta di quella melodia orecchiabile fu ben ponderata da Vincenzo Nocenzi e quando scopri il vero significato te ne innamori.
Onore al merito per il Banco del Mutuo Soccorso (Banco) – esempio più rappresentativo insieme alla Premiata Forneria Marconi, agli Area e a Le Orme del rock progressivo in Italia – per aver saputo trattare con tatto ma determinazione un tema delicatissimo come l’omosessualità. E per giunta in un’epoca ancora fortemente condizionata da vincoli culturali e religiosi, senza veli d’ipocrisia. In realtà, già Renato Zero tre anni prima ci aveva provato con Mi Vendo , prima ancora (nel ’76), i Pooh, con Pierre…”dalla dolcezza strana , che abbassava gli occhi e si nasconde e poi, e non si arrendeva ad un corpo che non voleva”. Ma il messaggio non era giunto con la stessa efficacia.
Ma a distanza di più di 40 anni ci sono ancora tanti “Paolo” che non lo dicono. Perché “è difficile da noi in periferia”. Tutti sanno di chi sto parlando, ma un conto è saperlo, un conto dubitarlo, insinuarlo, scherzarci su, un conto e lasciar credere, invece un conto è dirlo. Perchè in teoria, è vero “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione” recita la carta universale dei diritti dell’uomo Ma, “da noi in periferia” resta difficile. E se è vero che molti sono i cantanti, gli artisti, i “personaggi” LGBT che hanno fatto coming out, anzi molti hanno usato il coming out spudoratamente per fare carriera, e se è vero che altri sono riusciti addirittura a imporsi come icone e a diventare dei paladini per i diritti dell’intera comunità che riunisce lesbiche, gay, bisessuali e transgender (ultima Elodie) da noi in periferia resta difficile.
L’omosessualità è un fenomeno diffuso, anche a Teramo, e ampiamente conosciuto. Ma volenti nolenti non ha ancora ricevuto un pieno e legittimo diritto di riconoscimento nel tessuto sociale, in quanto non viene considerato un “fenomeno naturale”. Preciso per quelli con la puzza sotto il naso sempre in cerca dello spunto per discutere che uso il termine omosessualità includendovi tutti gli orientamenti sessuali LGBTQ+ (che si differenziano dall’eterosessualità: attrazione tra due uomini, lesbismo, bisessualità e transessualismo). Un fenomeno che volenti nolenti, per ragioni di natura socio-culturale, ha un impatto che non è sempre facile, soprattutto in chi non la vive in prima persona.
.Anche se “I Pride”, oggi, sono delle manifestazioni che diamo quasi per scontato, organizzate ovunque, celano dietro la propria storia anni e anni di lotta e violenza. Oggi i Pride sono ovunque una festa. E questo potrebbe già bastare per dargli il benvenuto. Ma il punto è che un “Pride” è stato, ed ancora oggi è molto molto di più. Trentadue gradi all’ombra, ore 15,30 appuntamento davanti alla Madonna delle grazie. Qualche spruzzo d’acqua benedetta rimbalza sui vestiti bollenti di sole. Le prime teste spuntano in corso De Michetti. E’ da lì che inizia la leggera salita verso il centro . L’avvio del corteo è lentissimo perché c’è da guardarsi e ballare, capire cosa è cambiato, cosa manca oggi perché le libertà non siano di una parte sola, matrimonio egualitario, ripetono tutti, ah sì poi c’è il ddl Zan, ma chi ci crede che passi ora? A mescolarsi sono tante ragazze giovani, meno i ragazzi, a mischiarsi sono le persone arrivate a Teramo, e scese in strada piene di colori all’improvviso. Anche se la manifestazione è organizzata male con un microfono sballate e due casse sfondate, in tanti sono venuti a Teramo per cantare e ballare, ed è una bellezza, finalmente insieme, tanta vita da vivere. Ma mancano i Teramani. Solo sui social gli odiatori seriali non mancano, non mancano i commenti di chi crede di sanare il proprio male e di tappare i propri fallimenti azzannando gli altri. C’è qualche oltranzista cattolico che non conosce i messaggi di Papa Francesco. C’è qualche noto recchione locale che critica per allontanare da se il calice amaro. E ci sono delle assenze che non mi aspettavo . Così dietro allo striscione sono in tanti quelli che da Roma e Pescara e dall’Abruzzo, ma non solo, sono venuti a Teramo, tutti amici, figli adolescenti, mariti, mogli, qualsiasi altra cosa possibile e che renda felici. Ecco che per magia tanta gente trova il coraggio di dire una cosa diversa dal solito, personale, intimissima, vera. Il senso per tutti è nell’esserci. Ma mancano i “Paolo” locali. A parte pochi. Bravo il Sindaco che abbraccia una causa che tocca la sfera personale. Un segnale importante per i cittadini. Bravo Mirko della CGIL ma è facile per lui. Perché credo che partecipare al Pride significhi condividere dei valori. Vuol dire anche provare a dare una nuova attenzione al linguaggio, smettere di pensare che chi legge appartenga a un universo fatto solo di eterosessuali . La realtà Lgbtq+ c’è, a Teramo è numerosa, va rappresentata con cura e con rispetto. Perché abbiamo “tutti gli stessi diritti”.
Paolo, Paolo Pa, Paolo maledetto
Ma perché non l’hai, perché non l’hai detto.
E’ difficile da noi in periferia
Qui la gente non capisce e fa la spia.