“Nemo propheta acceptus est in patria sua”  (Luca 4, 24). A dirlo fu Gesù Cristo, frustrato e crocifisso da coloro che voleva portare in paradiso. Quindi lamentiamoci poco noi umili umani.

Teramo, come ogni piccolo paese, non ama avere “profeti”. Anzi. E’ normale. E’ così. Gli esempi non si contano. Puoi anche aver organizzato, e continuare ad organizzare, tanti concerti e spettacoli teatrali nazionali. La tua città chiamerà un aquilano (molto bravo ma aquilano) per organizzare a Teramo la stagione teatrale. E’ così. E’ normale. Puoi anche organizzare una stagione (vera) a Pescara che si “regge” senza contributi. Nessuno penserà di doppiarla e così risparmiare del 30% i costi, se sei teramano. E’ così. E’ normale.  Eppure Teramo deve molto ad alcune persone. Lo sa. Ma non gli interessa riconoscerlo.

Questa sera alle ore 17,00, nella sala Ipogeo di Teramo (Piazza Garibaldi) uno a cui la città deve molto, Filippo Flocco, presenterà il suo libro quasi autobiografico.

Dico subito che, io che ho vissuto 40 anni in via Crucioli, tra campetto dell’Università, viola club, angolo via Cadorna, so che il figlio del generale nel libro non racconta proprio tutto tutto. Non racconta le cose che me lo facevano ammirare quando era un ragazzo trasgressivo e coraggioso, assolutamente di rottura. Senza averci mai parlato io lo incrociavo e mi ricordava quel Renato Fiacchini che a Roma e poi in Italia rompeva tutte le convenzioni musicali del tempo, e, copiato da David Bowie (e non il contrario) poneva le basi per fare un nuovo modo di fare musica trasformandola in show. Però racconta. Diciamo che traccia un pensiero autobiografico. Che richiede lavoro, coraggio, metodo, ma procura, al contempo, non poco benessere. Come sosteneva Sir Oliver Sacks  “Si deve cominciare a perdere la memoria, anche solo brandelli di ricordi, per capire che in essa consiste la nostra vita.

Diciamo che Filippo Flocco, tra luci ed ombre, ci consente una traversata interiore, in un romanzo che è nel contempo specchio e coscienza di sé, regalandoci, come in viale di fiaccole sbrilluccicanti che illuminano e nascondono, le note una voce restituita (e liberata) oltre le cortine del proprio grido frustrato. Come un corpo, anzi un’anima, che si mette a nudo, che si sveste e si dà. E tra questa sapienza e bellezza, nel concerto di questa lettura, si può solo amare questi ricordi che non hanno data, ma solo stagioni, semi nascoste in un poema di storie che redimono.

Eccoli tutti qua nel chiarore: il maestro della moda, l’uomo generoso, il ragazzo che ha pianto, l’imprenditore di successo, il frocio maledetto, il gran registra della felicità altrui, il ragazzo deriso che affermava la sua identità contro tutti, rompendo gli schemi del borgo pagano. Perché è così la vita per chi decide di scegliere come viverla.

In un libro intenso, vero, duro, commovente, eccola qua  la sua sensibilità e genuinità. Ecco le sue storie. Ecco i ricordi tra gioie, glorie, felicità e mancanze, delusioni, sofferenze in mezzo amori, amici, delusioni, lavori, incontri, viaggi, rivelazioni, sentimenti, per la felicità di tanti e la rabbia di altrettanti.

Eccolo Flocco che si mette a nudo per i suoi lettori che potranno immergersi nella preziosità di voli lontanissimi, mentre tuttavia il corpo nudo resta sulla sedia e il pensiero sul foglio, al soldo di sua maestà la memoria. Arriva un momento nell’età adulta in cui si avverte il desiderio di raccontare la propria storia di vita. Per fare un pò d’ordine dentro di sé e capire il presente; per ritrovare emozioni perdute e sapere come si è diventati, chi dobbiamo ringraziare o dimenticare.

Ecco un libro – bella l’immagine di copertina di ‘Luca Boschi The light architect per la Riceche& Redazioni numberone edizioni- che andrà letto tutto di un fiato perché Flocco ci provoca e ci lascia immaginare il suo respiro brusco,  il segno del suo  crescere  doloroso, una sorta di diario minimo, ove errori, trasgressione, rabbia, amore, sesso, affetto, protezione, libertà e rischio concorrono alla raffigurazione di uno scrittore sui generis, con una prosa tagliente, ma anche poetica, in cui reale e surreale non sono sempre facilmente distinguibili. E l’Autore lo fa lasciandoci immaginare  una lettura a più livelli, affatto superficiale, in cui il piano intimista è continuamente sbalzato da uno sguardo più ampio sulla comunità urbana. Se la sua anima sarà veramente nuda,  spetterà al lettore dirlo.