Si prendono cura di familiari e congiunti anziani, malati o disabili. Li aiutano nelle incombenze quotidiane e nelle sfide – piccole e grandi – che ogni giorno la vita propone. Lo fanno con devozione e amore, ma il loro contributo si perde nelle larghe maglie della legislazione italiana. Li chiamano “caregiver” e rappresentano   una rete invisibile e silenziosa di assistenza. Il recente periodo di emergenza e il conseguente lockdown hanno fatto emergere le loro problematiche, evidenziando la fragilità dei nuclei familiari in cui operano. Ma non bisogna pensare che si tratti di un fenomeno nuovo. La figura esiste da tempo. E da tempo si sobbarca un compito gravoso.

Nell’antica Roma, infatti, la Pietas era una divinità astratta, che incarnava i doveri che l’uomo aveva verso i propri simili, in genere, e verso i genitori in particolare. L’immagine di Enea che, fuggendo dalla da città di una Troia in fiamme, trasporta sulle sue spalle Anchise, paralizzato agli arti inferiori, è un perfetto esempio del concetto di pietas, un simbolo del lavoro svolto giorno dopo giorno dal caregiver. Una presenza spesso silenziosa sulle cui spalle ricade un peso importante.  A sostenere ed aiutare l’attività di un caregiver interviene a livello nazionale la legge 104 del 1992, la normativa che fa da riferimento per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con handicap. Il suo compito è quello di garantire l’adeguato sostegno alle famiglie con una persona con disabilità. Il testo fornisce delle agevolazioni in ambito lavorativo. Infatti, per il familiare che assiste con continuità un parente con problemi “riconosciuti”, è previsto il diritto ai permessi retribuiti e il diritto a scegliere (se possibile) la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio;, inoltre non può essere trasferito senza il suo consenso in un’altra sede. Ma è atteso un testo unico che di fatto dovrebbe istituire un apposito fondo per sostenere chi svolge questa delicata figura in famiglia. Nonostante la presenza di diverse norme regionali, manca al momento una legge per il riconoscimento della figura del caregiver familiare.

LA REGIONE ABRUZZO oggi, grazie alla proposta dell’assessore al sociale avv. Pietro Quaresimale ha messo a disposizione  2,4 milioni di euro, (di cui 1,6 milioni provenienti dallo Stato) in favore del Caregiver famigliare , approvando la proposta dell’assessore regionale alle Politiche sociali, Pietro Quaresimale. Il nuovo piano prevede una serie di misure che hanno il compito di venire incontro alle esigenze di quelle persone che si prendono cura di soggetti non autosufficienti in un sistema di welfare della famiglia. La dotazione 2021 è sensibilmente aumentata in ragione soprattutto della pandemia i cui effetti sulle persone particolarmente fragili rischia di generare danni permanenti.