PESCARA – “Ieri, rispondendo ai nostri dubbi sulla sua proposta per la realizzazione di ben 21 perforazioni profonde anche 320 metri nel Gran Sasso che dovrebbero andare ad intercettare l’acqua, molte delle quali a grande distanza dalle attuali captazioni acquedottistiche, il Commissario per l’emergenza Gran Sasso Caputi ha dichiarato ai microfoni del TGR della Rai che lo schema previsto dal vecchio commissario, evidentemente ripreso da lui, ‘prevede sostanzialmente di andare a prendere la stessa quantità di acqua in profondità lontano dalle gallerie autostradali e dai laboratori’. Allo stesso tempo in un altro passaggio nega che si faranno nuove captazioni aggiuntive. Come minimo tali dichiarazioni sono contraddittorie. A conferma dei nostri dubbi, se le attuali prese non verranno semplicemente messe in sicurezza, anche con piccoli scavi nelle aree immediatamente circostanti, ma verranno abbandonate, esse continueranno ovviamente a drenare acqua dalla montagna essendo state ormai scavate. A mero titolo di esempio, gli 80 litri secondo del drenaggio dei laboratori, oggi sotto sequestro e per questo non più immessi nell’acquedotto teramano andando ‘a scarico’, rimarrebbero in tale condizione.
Non a caso la proposta del commissario non prevede sondaggi nell’area dei laboratori, a testimonianza del fatto che quella zona non è d’interesse, dando quindi per assodato che gli 80 litri al secondo continueranno per sempre ad essere drenati dall’acquifero e, purtroppo, andare a scarico, nonostante l’emergenza idrica in cui ci troviamo. Pertanto ai fini del bilancio idrico complessivo, abbandonare gli attuali punti di captazione per trovarne altri ‘in profondità’ equivale a raddoppiare o comunque aumentare di molto l’acqua emunta dall’acquifero, modificando ulteriormente il regime delle acque, cosa vietata dalle norme. Poi una importante quantità, quella captata attualmente o parte consistente di essa, andrà ‘a scarico’ e l’altra, quella dei nuovi drenaggi, andrà agli acquedotti.
L’ulteriore alterazione del regime idrico dell’acquifero può avere ovviamente importanti ripercussioni sull’ecosistema del Gran Sasso e sul sistema delle sorgenti che circondano il Gran Sasso, anche a decine di chilometri di distanza, come già avvenuto in conseguenza dello scavo dei due trafori. Diverso invece sarebbe approfondire gli attuali drenaggi, arretrandoli e ponendoli in sicurezza, anche allontanando finalmente le sostanze pericolose presenti nei laboratori per l’esperimento LVD (1.040 tonnellate di nafta pesante) ed evitando di aggiungerne di nuove in futuro.
Tra l’altro, facciamo notare che fare nuovi punti di drenaggio distanti dalle gallerie e dai laboratori, non affronta, se non si allontanano contestualmente le sostanze pericolose dai laboratori, un divieto posto dalle norme di tutela delle acque e di prevenzione dell’inquinamento, in quanto per stessa ammissione degli studi a suo tempo commissionati dalla Regione, da un punto di vista sostanziale le area di salvaguardia per l’acqua potabile dove limitare le attività umane è l’intera zona del massiccio e non già i pochi metri attorno alle captazioni. Un grave incidente nei laboratori o nelle gallerie potrebbe infatti contaminare l’intero acquifero anche a chilometri come provano i test con i traccianti realizzati già decenni or sono.
Il fatto che tali studi e perimetrazioni non siano state ancora colpevolmente approvate dalla Regione con una vera e propria omissione ultradecennale, pure con grave dispendio di denaro pubblico che presto sarà segnalata alla Corte dei Conti, non cambia i termini della discussione dal punto di vista sostanziale e, cioè, della tutela della risorsa idropotabile.
In estrema sintesi, ogni progetto di messa in sicurezza non può prescindere dal divieto di modifica del regime delle acque del Parco del Gran Sasso e dall’allontanamento delle sostanze pericolose dai laboratori”. – FORUM H2O –