Una “bomba” esplosa nel mondo scolastico e non solo che ha scatenato rumore anche nella società civile. La Fidapa di Messina organizza in una scuola la presentazione, senza contraddittorio ne terze persone, del libro “Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee”, scritto da Giorgia Meloni. Gli animi si sono surriscaldati parecchio. Incontro annullato tra infinite polemiche. La leader di FdI dice: “Mai stata invitata“.
Il trucco leggero, l’abito bianco, il capello liscio, la lacrima facile. L’uscita è studiata con cura e avviene nel momento in cui la Meloni è la leader dell’opposizione al governo Draghi e sta capitalizzando la rendita che questa situazione le offre. Giorgia la combattente, Giorgia la patriota, Giorgia la scrittrice, Giorgia la vera custode della democrazia perché senza un’opposizione – la sua – la maggioranza diventa dittatura. Non c’è che dire, è il momento della Meloni, come confermano i sondaggi. È tenace, schietta, ed è una donna: quanta invidia nel Pd che predica di parità e non riesce a delegare un minimo di potere a una rappresentante femminile. E infatti, a sinistra, guai a toccare la Meloni. Su Matteo Salvini (il vero avversario pericoloso) e su Silvio Berlusconi c’è e c’era libertà di insulto, con Giorgia no. Lei è la destra ideale, identitaria, nazionalista, tutta d’un pezzo, coerente. Ma, per ora, soprattutto innocua.
Conoscendo da tempo Giorgia, da ragazza detta “culona”, conoscendo da tempo le sue radici alla Garbatella, mi sono deciso a leggere il suo libro per appurare le sue idee. Contro i migranti, i rom, gli omosessuali, il suo sovranismo reazionario, le sintonie con Bannon, Orbàn, Kaczyski, Le Pen, la sua idea di “democrazia illiberale”, i rapporti radicati con il peggiore estremismo italiano.
Perché snobbare un libro non è mai una cosa buona, fosse pure una spocchia cultural chic, anche quando è un poverissimo romanzo promozionale, con la più imbarazzante e strampalata adulazione che ho letto negli ultimi anni, tra l’ossessione narcisistica dell’ “essere se stessi” e rivelare ciò che “davvero si è”, una sorta di mille frasi instagammabili che non bastano a truccare la verità di un libro.
Il capitolo che Piccoloprincepe Meloni dedica alla figlia Ginevra («Gì», giacché lei è Giorgia, lei è una madre, ma soprattutto lei è romana) si apre con quattro versi in esergo. Sono quattro versi di Cat Stevens, della più sputtanata delle canzoni sulla genitorialità, Father and son. Padre e figlio, dedicata da una madre alla figlia. Se a sinistra scoprono cosa voleva dire davvero, la Meloni, in quel video in cui diceva che non sa cosa sia il gender, chissà che succede; se i socialmente presentabili s’accorgono che la Meloni è molto più gender fluid di loro, chissà come la prendono.
L’infanzia di privazioni c’è ? Il padre che fugge via di casa. C’è la culonaggine che la fa irridere dai coetanei cattivi? Le 100 diete ci sono. C’è il trauma del padre che la abbandona? C’è il cane della sua infanzia . La spiaggia di Coccia di Morto, nel film “Come un gatto in tangenziale” c’è. Ci sono i riferimenti, la Garbatella dei Cesaroni . Ci sono le sue paure. C’è Almirante. C’è la sezione Colle Oppio. Ci sono Salvini e Berlusconi. C’è Andrea, il padre di sua figlia e Ginevra la sua bambina.
Insomma, in sintesi, un libro molto brutto. Del resto quasi tutti i libri dei politici sono, come questo, propaganda. Non ricordo un solo gargarismo autocelebrativo che nella politica italiana sia riuscito a diventare un bel libro. E non c’è pubblicità che tenga se il prodotto da reclamizzare vale zero .
Elezioni a Roma, Milano, Napoli, Bologna, Torino. Lasciamo perdere la vox populi tipo Enrico Michetti. In realtà Giorgia si batte per Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera di FdI,e suo cognato. Solo che non vuole perdere e sbagliare ancora. E con lui non è difficile immaginare un esito analogo a 5 anni fa: una polarizzazione per compattare la “destra-destra” incapace di attirare i voti dei moderati. E pure a Napoli il gioco di interdizione si oppone a un nome uscito dalla società civile come il pm Catello Maresca e fa finta di puntare sull’avvocato Sergio Rastrelli, di tradizione famigliare fascista.
Ore 8,30 di martedi, la leader di FdI ha appuntamento con il suo consigliori Gianni Alemanno. Ascolta, domanda. 20 minuti da Giolitti, un caffè e nulla più. Sono tutti a dieta. Siamo pronti. Avanti con un mix di patriottismo, populismo, benaltrismo. “L’Italia risorge solo con una alleanza di patrioti” e sto. “L’Italia viene prima” ci sta sempre bene. Per oggi va bene così. Ora è troppo presto per svelare le carte ma da Settembre la musica cambierà, e tutto sarà più facile per tirare la volata fino a diventare ad ottobre il primo partito italiano. Nell’Italia in presenza sempre più povera, con una massa di disoccupati incazzati, con avversari che avranno le mani sporche del sangue della crisi del covid. Il nuovo slogan è pronto: “Leader del Centro Destra sarà chi guida il partito con più voti”. La linea di Fratelli d’Italia è destinata a salire nei sondaggi ma, come ho scritto, per il momento è innocua. Per il momento. Non porta il centrodestra a vincere. Sicuramente ottiene un potere d’interdizione e rappresenta un blocco sociale importante, tuttavia la marcia della Meloni verso la leadership dello schieramento moderato non garantisce il successo elettorale. Per il momento. Il suo partito è come i 5 Stelle degli inizi: interessati a costituire un ostacolo permanente, più che a diventare una forza di governo, al punto che quando vi sono arrivati si sono presentati totalmente impreparati. Su un campo di calcio, la squadra della Meloni gioca per rompere gli schemi dell’avversario e non imporre i propri. Per il momento.
Fratelli d’Italia è, dunque, la destra che la sinistra vuole perché nelle urne farebbe la fortuna della sinistra. D’altra parte, la crescita nei sondaggi non segnala uno spostamento di voti da altri schieramenti, ma un riposizionamento all’interno del centrodestra. Fratelli d’Italia va a prendere i nuovi voti da Lega e Forza Italia, non da altri partiti. L’ordine del consigliori è chiaro: credere, obbedire, combattere. Giorgia culona insisterà a battere i pugni perché l’interdizione di queste settimane è solo una strategia per posizionarsi al meglio nella trattativa. Per il momento. Settembre è vicino.