Ho assistito da lontano perché non amo la mischia partitica, osservando innegabilmente con un certo trasporto, ma da lontano. Anche per il mio ruolo di presidente di un’associazione culturale apartitica e molto impegnata nel sociale, ma per fortuna la libertà di manifestazione del pensiero in questo Paese ancora c’è. Non ci giurerei per il futuro.
E parto da un dato incontrovertibile che nessuno almeno nel momento in cui scrivo ha per niente citato se non a livello nazionale per cercare un alibi al proprio fallimento: a Giulianova al primo turno ha votato il 63,49% degli aventi diritto, di fronte al 70,37% del 2014. Vi è stato un calo netto del 6,88%. A questo bisogna aggiungere la somma delle schede bianche e di quelle nulle che comporta un totale di circa l’8% che si aggiunge alla percentuale precedente. A Giulianova, la percentuale del non voto sfiora il 40%. Perché nessuno parte da questo dato? Meglio, perché non si parte da questo dato per cercare di capire perché ci dobbiamo fare sempre i conti ad ogni consultazione elettorale? Mi sono corretto perché i commenti che ho letto sulla “tribuna politica degli stolti” (facebook) è semplicemente allucinante. Si va da “i cittadini non capiscono niente” a “massa di cogli…”, a “questo popolo è un gregge di pecore” e non vado oltre. Però se avessero votato per loro sarebbero stati bravi, vero? Il dubbio, solo il dubbio che magari qualcosa sbagliano anche i partiti non viene in mente a nessuno di essi. Il problema ignorato è che il sistema della rappresentanza è letteralmente saltato: chi vince rappresenta una maggioranza fasulla perché le percentuali si calcolano sui voti validamente espressi.
Già nella preparazione delle liste erano in campo i giochi di sempre ormai beceri e “sgamati” da un elettorato apparentemente amorfo, ma, invece, molto attento a queste cose: liste principali e di appoggio costruite su promesse, spartizioni preliminari di favori, falsi riconoscimenti e adulazioni varie; tentativi di coinvolgimento delle realtà associative di base (a volte riusciti a volte no). Tutte manifestazioni di vertice con candidati preconfezionati da varie eminenze rimaste all’ombra o precostituite da dirigenze esterne persino alla Città. Insomma, i vecchi sistemi: quelli che hanno portato alle degenerazioni del sistema dei partiti e delle istituzioni locali almeno da un trentennio a questa parte.
Ora si verificheranno gli stessi giochi spartitori. Si andrà al ballottaggio fra due forze di pari estrazione politica. In entrambi gli schieramenti, fatta salva la stima e il rispetto per le persone, prevarranno le stesse logiche di sempre del do ut des, del “ti faccio votare se mi dai questo”, “ti prometto quello se mi fai votare” ecc.. logiche che pervadono, chi più chi meno, indistintamente tutti i partiti trasformatisi ormai in comitati di affari «che si fa fatica a chiamare “partiti”» (Gianni Ferrara).
Questa classe politica sembra incapace di guardare al futuro. Eppure, questa poteva essere l’occasione per lanciare forti segnali di discontinuità dando prova di volere veramente il capovolgimento della piramide del potere e di mettere i cittadini fin dall’inizio al centro delle stesse scelte elettorali preliminari. Si potevano promuovere pubbliche assemblee in diverse fasi per l’individuazione delle reali esigenze dei quartieri, discussione e deliberazione sulle possibili candidature, elaborazione dei programmi nelle assemblee attraverso sistemi deliberativi e inclusivi come ad esempio i focus groups, i forum i sondaggi deliberativi (che questi partiti, anche quelli che si riempiono la bocca di democrazia “diretta”, non sanno nemmeno cosa siano e non fanno nessuno sforzo per documentarsi) e far venire tutto dalla base. Dai programmi alle candidature a sindaco, dalla formulazione delle liste alla loro ufficializzazione. Votati in assemblea dai cittadini a mo’ di primarie (vere). Invece si è preconfezionato tutto e si è andati a parlare con i cittadini per mostrare come sempre, le cose già pronte.
Quel 40%, se il sistema dei partiti non si trasforma, sarà sempre più in crescita. Eppure, purtroppo, ci sarà sempre qualcuno che invece di chiedersi il perché e rendersi conto finalmente dei guasti istituzionali che vive la nostra democrazia, continuerà a dire che è una percentuale formata da tutti imbecilli.
di Carlo Di Marco