TERAMO – La Federconsumatori di Teramo, in persona del suo responsabile Dante Di Carlo, rende noto che il Tribunale di Teramo ha emesso altre due importanti sentenze nel contenzioso degli azionisti Tercas.
Nel 2015, 25 azionisti della banca – così come avevano già fatto più di altri 300 – si sono rivolti ai legali della Federconsumatori di Teramo (all’epoca presieduta dal compianto Ernino D’Agostino) Avv. Prof. Massimo Cerniglia del foro di Roma e Avv. Domenico Di Sabatino del foro di Teramo, per essere tutelati nelle loro ragioni.
I risparmiatori, infatti, avevano investito rilevanti somme (alcuni anche oltre 50.000 €) nell’acquisto di azioni della Tercas nel collocamento del 2006.
A seguito del commissariamento della banca e dell’azzeramento delle azioni migliaia di azionisti avevano perso tutti i loro risparmi.
Gli avvocati sopra detti, già nel 2015 hanno notificato alla banca un atto di citazione presso il Tribunale di Teramo, con il quale hanno chiesto la condanna della Banca Popolare di Bari, che aveva incorporato la Tercas, al risarcimento di tutti i danni patiti, pari all’intera somma investita, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Con 2 sentenze emesse il 4 aprile 2023 la dott.ssa Erika Capanna Piscè, Giudice monocratico del Tribunale di Teramo, ha deciso nel seguente modo:
1. è stata ritenuta la competenza del Tribunale Civile di Teramo e non – come richiesto dalla banca – del Tribunale delle imprese di L’Aquila. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che l’acquisto delle azioni da parte dei risparmiatori sia avvenuto nell’ambito di un prevalente rapporto di natura finanziaria e non per conseguire lo status di soci della banca. Pertanto, in tale ambito avevano rilevanza gli aspetti di inadempimento agli obblighi stabiliti dal TUF e dal Regolamento Consob, con la conseguente responsabilità della banca in caso di violazione della suddetta normativa. In conseguenza di ciò è stata dichiarata la competenza del Tribunale ordinario e non della sezione specializzata in materia di imprese.
2. Il Tribunale, inoltre, ha ritenuto la natura contrattuale della responsabilità addebitabile alla banca per la violazione della normativa finanziaria (con la conseguente prescrizione decennale dell’azione e non quinquennale). Gli inadempimenti che sono stati denunciati da risparmiatori, infatti, sono stati compiuti dopo la stipula del contratto quadro e non prima e riguardano, infatti, la violazione degli obblighi informativi dell’intermediario dovuti prima dell’effettuazione di ogni singola operazione finanziaria. Il Tribunale, quindi, nel dichiarare la responsabilità contrattuale si richiama a quanto espresso nella fondamentale sentenza n. 26725 del 2007 delle Sezioni Unite della Cassazione, che hanno ritenuto – appunto – come contrattuale la responsabilità addebitabile all’intermediario per
inadempimenti perpetrati dopo la stipula del contratto quadro; e in particolare, come detto, per la violazione degli obblighi informativi.
3. In merito, poi, alla ripartizione degli oneri probatori (a chi spetti cioè fornire la prova) il Tribunale, conformandosi alla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, ha ritenuto che l’onere probatorio nelle azioni di responsabilità per danni subiti dall’investitore ricada sull’intermediario finanziario, come stabilito dall’articolo 23 del TUF, che deve appunto provare – in modo rigoroso – di aver adempiuto alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione e dalla legge, mentre l’investitore deve solamente fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l’inadempimento, anche sulla base di presunzioni. L’intermediario, quindi, in assenza di prova di aver
adempiuto agli obblighi stabiliti dal contratto e dalla legge, sarà tenuto al risarcimento dei danni.
4. Scendendo nel merito della questione, il Tribunale ha ritenuto che l’obbligo principale in capo all’intermediario sia quello informativo stabilito dall’articolo 21 del TUF e cioè l’obbligo di informare in moto è puntuale e specifico l’investitore sulle peculiari caratteristiche dello strumento finanziario che si intende negoziare, al fine di consentire che vengano effettuate operazioni in piena consapevolezza. Sempre secondo l’articolo 21 del TUF gli intermediari, nell’operare in ambito finanziario, non devono già tutelare i loro interessi commerciali, ma devono operare con diligenza correttezza e trasparenza nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati. In altre parole, alle banche il legislatore, sia euro-unitario che nazionale, attribuisce una vera e propria funzione pubblica anche e soprattutto per la tutela del risparmio, così come statuito dall’articolo 47 della Costituzione.
Gli obblighi informativi statuiti in generale dal richiamato articolo 21 sono poi specificati, o meglio dettagliati, dall’articolo 28 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, che stabilisce in particolare che, prima dell’effettuazione di ogni singola operazione finanziaria, gli intermediari devono fornire puntualmente e in modo specifico agli investitori informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni dell’operazione, la cui conoscenza è necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento (o disinvestimento). L’articolo 29, poi, dello stesso regolamento Consob stabilisce che gli investitori dovrebbero sempre, in linea di principio, effettuare operazioni adeguate al loro profilo di rischio, potendo – tuttavia – effettuare operazioni non adeguate quando vengono avvertiti in modo specifico che l’operazione non è adeguata; e per fare ciò devono esprimere una nuova e specifica accettazione esplicita e in forma scritta con la quale fanno riferimento alle dettagliate informazioni sulla inadeguatezza ricevute.
5. Sempre restando al merito delle questioni e agli obblighi informativi, il Tribunale statuisce che per la consolidata giurisprudenza di Cassazione gli obblighi informativi degli intermediari devono essere particolarmente estesi e penetranti, giacché diretti in generale a consentire all’investitore di operare investimenti pienamente consapevoli, avendo acquisito l’intero ventaglio delle informazioni specifiche e personalizzate che, di volta in volta, alla luce del parametro di diligenza applicabile, l’intermediario deve fornire in ragione dell’investimento prescelto, tenuto conto tanto delle caratteristiche dell’investitore, quanto di quelle del titolo verso cui si indirizza l’investimento.
Utilizzando tali principi, il Tribunale ritiene che l’intermediario finanziario non possa fornire le informazioni dovute con la sola consegna di documenti quali il prospetto informativo o il documento sui rischi generali, in quanto le informazioni contenute nei suddetti documenti sono generali e non tengono conto della specificità dell’investitore. Né, dall’altra parte, la dichiarazione scritta dell’investitore, con la quale lo stesso dichiara di aver ricevuto le informazioni necessarie, può essere ritenuta sufficiente, in quanto non si tratta di una confessione stragiudiziale, ma di una dichiarazione riassuntiva e generica. La stessa, infatti, non attesta quante e quali specifiche informazioni siano state date in modo appropriato, affinché l’investitore possa ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento, del tipo specifico di strumento finanziario interessato e dei rischi ad essi connessi (tutte informazioni indispensabili per prendere decisioni in maniera consapevole). Per il Tribunale, quindi, come per la Cassazione, la consegna di documenti o mere dichiarazioni di scienza non sono sufficienti a far ritenere che l’intermediario abbia dato delle specifiche ed esaustive informazioni, occorrendo un’ulteriore e specifica attività individuale di informazione sugli strumenti finanziari, attività che la banca non ha provato di aver espletato. In altre parole, l’intermediario può anche consegnare plurimi documenti, ma dovrebbe sempre illustrare all’investitore tali documenti, diligentemente ed eloquentemente, al fine di assicurarsi la reale comprensione dei termini giuridici, economici e finanziari di ogni operazione. In altre parole, non si possono curare gli interessi (anche rilevanti ed economici) dei cittadini con un mero formalismo del tutto svuotato di reali contenuti! Già, pertanto, per la violazione degli obblighi informativi, il Tribunale ha ritenuto la responsabilità risarcitoria della banca.
6. Ulteriore profilo di illegittimità nel comportamento della banca è stato ritenuto dal Tribunale relativamente alla segnalazione di inadeguatezza degli investimenti. Come già si è detto, agli investitori è consentito di acquistare prodotti finanziari non in linea con il loro profilo di rischio, purché a seguito della segnalazione di inadeguatezza da parte della banca, con la specifica indicazione dei motivi e delle ragioni specifiche della inadeguatezza e con l’esplicito consenso dell’investitore ad effettuare ugualmente l’operazione. Il Tribunale, tuttavia, ha ritenuto che la Tercas, nel caso specifico, come è stato denunciato dagli investitori, non avesse adempiuto in modo chiaro ed esplicito ad indicare le ragioni della inadeguatezza, ma avrebbe utilizzato delle formule standardizzate di comunicazione, non chiare e trasparenti. La procedura negoziale mira ad assicurare che l’investitore abbia ricevuto l’informazione concernente la circostanza che l’operazione stessa non fosse a lui adatta, e ciò al fine dell’interesse primario di rendere cosciente l’investitore e consentire che venga realizzato il miglior interesse del cliente nell’ambito dell’integrità dei mercati. Sempre secondo il Tribunale (che si è conformato a quanto insegnato dalla Suprema Corte di Cassazione) non può essere considerato idoneo, nell’ambito della procedura di segnalazione di inadeguatezza, un avvertimento orale generico e astratto, ossia privo di riferimenti concreti sulle caratteristiche del cliente in comparazione con il titolo, essendo necessario che le informazioni date siano sufficienti in concreto per le finalità di natura pubblicistica (interesse del cliente e integrità dei mercati) cui si è fatto già cenno. Per il Tribunale di Teramo, quindi, la procedura adottata dalla banca per la segnalazione di inadeguatezza, in quanto generica, non era idonea a salvaguardare gli interessi dei clienti, in difetto delle prove che dovevano essere date dalla banca di aver dato ulteriori specifiche informazioni in aggiunta a quelle indicate nell’ordine di acquisto. E proprio in quanto le negoziazioni riguardavano azioni non quotate (illiquide) la valutazione di adeguatezza effettuata dall’intermediario sulla base della profilatura dei clienti doveva assumere carattere più rigoroso rispetto a quella normalmente richiesta per le azioni ed obbligazioni tradizionali (cioè quotate), mentre l’informativa sulla liquidità del prodotto doveva essere tempestivamente fornita dall’intermediario già al momento della sottoscrizione del titolo e resa in modo tale da rappresentare adeguatamente il rischio di liquidità, tanto più in ragione del fatto che le azioni illiquide sono equiparabili a strumenti finanziari altamente rischiosi quali i derivati.
7. Per tutto quanto sopra argomentato dalla Giudice Capanna Piscè, la banca è stata condannata a risarcire i risparmiatori di tutte le somme impiegate per l’acquisto dei titoli, con l’aumento di quasi il 25% a titolo di interessi e rivalutazione. In altre parole, chi ha investito € 10.000 nel 2006 ne ha recuperati circa € 12.500 (detratti i dividendi).
Le sentenze in commento confermano il nuovo orientamento del Tribunale di Teramo in merito alla responsabilità della banca Tercas nella vendita delle proprie azioni a migliaia di risparmiatori abruzzesi.
In totale, le sentenze favorevoli emesse per gli investitori assistiti dai legali della Federconsumatori sono state: 4 del Giudice Di Giacinto, che hanno riguardato oltre 60 persone; 2 della Giudice Mastro, che hanno riguardato 20 risparmiatori; 1 del Giudice Converti, che ha riguardato 4 risparmiatori ed è stata pure confermata dalla Corte di Appello di L’Aquila nell’agosto del 2022.
Oggi con le 2 sentenze della Giudice Capanna Piscè si aggiungono altri 25 investitori risarciti. È importante sottolineare che, in base al contenzioso che è stato deciso, la prescrizione per far valere i propri diritti da parte degli azionisti non si è ancora consumata, perché la possibilità di proporre azioni legali scade a fine giugno 2024!
La Federconsumatori di Teramo, pertanto, invita gli azionisti a rivolgersi quanto prima presso la propria sede, al fine di valutare le singole posizioni.