Il CRESA – Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia -, nell’ambito della propria più che cinquantennale attività di analisi della realtà regionale, pubblica “Economia e Società”, pilastro della sua produzione, giunto, nella versione attuale, alla XIV edizione.
La regione mostra nel complesso deboli segni di ripresa, spesso di intensità inferiore non solo alla media del Paese ma anche al Mezzogiorno, motivo per cui l’Abruzzo ha recuperato solo in parte i livelli pre pandemici.
Per quanto riguarda l’andamento delle variabili macroeconomiche regionali il 2022 registra gli aumenti del Pil (secondo l’indicatore ITER della Banca d’Italia +3,3% inferiore alla variazione nazionale) e dei consumi (+5,3%) sebbene con una dinamica in progressivo rallentamento. La Svimez ha stimato per il 2023 una crescita in ulteriore decelerazione, di intensità pari al Mezzogiorno e leggermente inferiore all’Italia.
La diminuzione del numero di imprese attive (-1,0%) deriva dalle flessioni nelle costruzioni (-0,1%) e nel commercio (-3,0%), in aumento nell’anno precedente, nell’agricoltura (-1,6%), stabile nel 2021, e dal ripetersi dei cali nel manifatturiero (-1,4%). Aumentano solo i servizi (+0,5%) grazie al contributo delle attività professionali, scientifiche e tecniche, immobiliari, di noleggio, agenzie di viaggi e servizi alle imprese. La struttura imprenditoriale regionale, al pari di quella italiana, continua a rafforzarsi: le società di capitali, che rappresentano circa un quarto del totale delle imprese abruzzesi, riportano un +4,0%, quelle di persone e le imprese individuali, che restano prevalenti, un -1,8% e un -2,8%.
Gli scambi commerciali con l’estero confermano un andamento moderatamente crescente con variazioni delle vendite (+2,1%) e degli acquisti (+16,2%) positive ma assai inferiori a quelle medie italiane (+20,0% e +36,4%). In controtendenza con il trend nazionale a causa dell’andamento negativo dei mezzi di trasporto (35,4% delle vendite abruzzesi), diminuisce il valore dell’export del settore meccanico, elettromeccanico ed elettronico (-11,8%) che rappresenta il 56% del totale regionale. Le esportazioni del chimico farmaceutico e del made in Italy, che rappresentano nell’ordine una quota analoga (24% circa) e inferiore alla media nazionale (14% e 20%) aumentano in misura superiore rispetto ad essa (+36% contro +32% e + 24% contro +16%).
Dopo la forte riduzione del 2020 e la ripresa del 2021, il mercato del lavoro regionale mostra segni di difficoltà con valori dei principali indicatori migliori del Mezzogiorno ma peggiori del Centro-Nord e andamenti che evidenziano una maggiore debolezza della ripresa abruzzese anche rispetto alla circoscrizione di appartenenza. In flessione le forze di lavoro (-0,2%; Italia: +0,8%), gli occupati (-0,3%; Italia: +2,4%) e gli inattivi (-3,2% contro -3,6%), in aumento i disoccupati (+0,6%; Italia: -14,3%). Le forze di lavoro e gli occupati abruzzesi fanno osservare contrazioni della componente maschile e aumenti della femminile. Si riduce il numero di uomini in cerca di lavoro e aumentano le disoccupate. Si contraggono i lavoratori indipendenti e restano stabili i dipendenti con aumenti dei soli contratti a tempo determinato part-time. Maggiori criticità non solo in termini di numeri ma anche di qualità del lavoro interessano i giovani. I tassi di attività (64,7%), occupazione (58,4%) e disoccupazione (9,6%) riportano valori decisamente migliori di quelli del Mezzogiorno ma andamenti meno crescenti che spingono la regione ad allontanarsi dall’Italia centrale e ad avvicinarsi al Meridione.
La popolazione abruzzese al 31 dicembre 2022 è composta da 1.269.860 persone con un calo tendenziale del 4,8‰ (Italia: -3,0‰). Negativa la dinamica naturale (-6,9‰; Italia: -5,4‰), positiva quella migratoria (+2,1‰; Italia: +2,4‰) grazie al solo apporto della componente estera (+3,6‰). Gli stranieri (6,4% del totale) diminuiscono dell’1,7%. Drammatico è l’andamento demografico per classi di età: gli indici di vecchiaia e di dipendenza e l’età media registrano un peggioramento della situazione con un aggravio del carico sociale ed economico riconducibile all’aumento degli anziani e alla diminuzione dei giovani.
Per istruzione, competenza nonché occupazione e migrazione giovanili l’Abruzzo si colloca in posizione intermedia tra Centro-Nord e Mezzogiorno e figura tra le prime regioni meridionali ma mostra al contempo una minore velocità di sviluppo. Tale ritardo accresce la poca vivibilità della regione e alimenta il decremento demografico che, indebolendo la grande risorsa rappresentata dalla platea dei giovani, rappresenta il vero pericolo per il futuro.