PESCARA – “La nostra forza è il rispetto della legge. Noi siamo diversi dai criminali perché rispettiamo le leggi. Anche quelle che possono in qualche modo non sembrarci quelle più giuste e perché poi ovviamente dal mio punto di vista pensare che alcuni criminali possano in qualche modo ritornare in circolazione, senza essersi pentiti e avere fatto abiura, e quindi potendo ritornare in un circuito che potrebbe alimentare, chiaramente non mi fa dormire sonni tranquilli, però credo che il rispetto della dignità umana e il rispetto delle leggi sono gli unici elementi veri, reali che contraddistinguono lo Stato di diritto dalla barbarie del crimine”. Lo ha detto il Capo della Polizia di Stato Franco Gabrielli premiato oggi a Pescara nella cerimonia della 24/a edizione del “Premio Nazionale Paolo Borsellino”, in merito ai pronunciamenti di Corte Europea e Corte Costituzionale sull’ergastolo ostativo.
Al momento di ricevere il ‘Premio Nazionale Paolo Borsellino’, il Capo della Polizia Stato Franco Gabrielli ha ricordato tutti gli uomini e le donne della Polizia che hanno perso la vita, con una menzione particolare. “Per me è
una grande emozione – ha detto – e la sorpresa perché un premio che porta il nome di Paolo Borsellino, fa tremare i polsi. Se poi la giuria, presieduta da uno che considero uno dei più grandi poliziotti (Gianni Savina, ndr) si è così generosamente espressa nei miei confronti, questo ha un valore davvero significativo. Oggi ricordiamo Paolo Borsellino, davanti a Manfredi Borsellino, in una giornata che è rivolta a voi giovani, e pensavo ad un messaggio. Il tema è da che parte stare, ma poi ti tremano i polsi se i modelli sono personaggi straordinari come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Questisono esempi inarrivabili, e allora questo potrebbe essere anche un alibi proprio perché parliamo di persone incredibili. E allora io propongo un modello, e un esempio un po’ più vicino a
voi”.
“In quella scorta di Paolo Borsellino – ha sottolineato – morirono in quel luglio del 1992, anche cinque colleghi, e fra questi c’era una poliziotta, Emanuela Loi, che aveva 24 anni.
Paolo Borsellino, aveva la sensazione, ci hanno poi detto, che sapeva di essere al centro di un bersaglio. Aveva l’anelito di fare in fretta perché sapeva che l’orologio della vendetta mafiosa di una efferata organizzazione criminale, aveva deciso che doveva essere fatto fuori con la sua scorta. Quella ragazza di 24 anni, sarda, che aveva scelto di fare la poliziotta sulla scia del desiderio della sorella, che era stata destinata alla scorta del giudice Borsellino, lei così minuta, ma piena di vita, ecco questa ragazza non marcò mai visita, non si tirò mai indietro, non trovò mai giustificazioni. Poteva essere destinata a servizi meno importanti, ma voleva esserci perché aveva scelto
da anche e parte stare. Ecco questa io credo sia l’eredità per ognuno uno di noi e mi auguro e spero per ognuno di voi”.
una grande emozione – ha detto – e la sorpresa perché un premio che porta il nome di Paolo Borsellino, fa tremare i polsi. Se poi la giuria, presieduta da uno che considero uno dei più grandi poliziotti (Gianni Savina, ndr) si è così generosamente espressa nei miei confronti, questo ha un valore davvero significativo. Oggi ricordiamo Paolo Borsellino, davanti a Manfredi Borsellino, in una giornata che è rivolta a voi giovani, e pensavo ad un messaggio. Il tema è da che parte stare, ma poi ti tremano i polsi se i modelli sono personaggi straordinari come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Questisono esempi inarrivabili, e allora questo potrebbe essere anche un alibi proprio perché parliamo di persone incredibili. E allora io propongo un modello, e un esempio un po’ più vicino a
voi”.
“In quella scorta di Paolo Borsellino – ha sottolineato – morirono in quel luglio del 1992, anche cinque colleghi, e fra questi c’era una poliziotta, Emanuela Loi, che aveva 24 anni.
Paolo Borsellino, aveva la sensazione, ci hanno poi detto, che sapeva di essere al centro di un bersaglio. Aveva l’anelito di fare in fretta perché sapeva che l’orologio della vendetta mafiosa di una efferata organizzazione criminale, aveva deciso che doveva essere fatto fuori con la sua scorta. Quella ragazza di 24 anni, sarda, che aveva scelto di fare la poliziotta sulla scia del desiderio della sorella, che era stata destinata alla scorta del giudice Borsellino, lei così minuta, ma piena di vita, ecco questa ragazza non marcò mai visita, non si tirò mai indietro, non trovò mai giustificazioni. Poteva essere destinata a servizi meno importanti, ma voleva esserci perché aveva scelto
da anche e parte stare. Ecco questa io credo sia l’eredità per ognuno uno di noi e mi auguro e spero per ognuno di voi”.
“Le istituzioni oggi qui sono un segnale importante. In un momento in cui purtroppo forse abbiamo un deficit di credibilità delle istituzioni dove ci si allontana dalla cosa pubblica, invece tutti, nessuno escluso, dobbiamo tutti lavorare perché i ragazzi si riapproprino di una cosa che è loro e che è la cosa pubblica”. Lo ha detto il Capo della
Polizia di Stato Franco Gabrielli premiato oggi a Pescara nella cerimonia della 24/a edizione del “Premio Nazionale Paolo Borsellino”. “Siamo in Abruzzo e come ci ha detto anche il presidente della Corte d’Appello – ha aggiunto – noi non possiamo immaginare che l’Abruzzo sia al pari di altre terre come quelle dove le mafie storiche sono nate o si sono pesantemente insediate, però io credo che, proprio l’esperienza delle regioni del nord che pensavano di essere isole felici e poi si sono ritrovate con insediamenti pericolosi delle organizzazioni criminali, non bisogna mai abbassare la guardia e mai pensare che ci sia un territorio intonso. Questo territorio ha vissuto e sta vivendo e mi auguro che porterà a termine la ricostruzione, dove sono girati e gireranno molti soldi e guardate poi, al di là delle considerazioni sociologiche. C’è una cosa che muove le organizzazioni criminali: i soldi. E proprio Giovanni Falcone
diceva che e ci insegnò proprio che seguendo i soldi, era possibile disarticolare in qualche modo le organizzazioni
criminali. Quindi dove ci sono condizioni di ricchezza e di sviluppo e dove ci sono i soldi, sopratutto quelli pubblici è ovvio che l’attenzione deve essere massima”. (ANSA).
Polizia di Stato Franco Gabrielli premiato oggi a Pescara nella cerimonia della 24/a edizione del “Premio Nazionale Paolo Borsellino”. “Siamo in Abruzzo e come ci ha detto anche il presidente della Corte d’Appello – ha aggiunto – noi non possiamo immaginare che l’Abruzzo sia al pari di altre terre come quelle dove le mafie storiche sono nate o si sono pesantemente insediate, però io credo che, proprio l’esperienza delle regioni del nord che pensavano di essere isole felici e poi si sono ritrovate con insediamenti pericolosi delle organizzazioni criminali, non bisogna mai abbassare la guardia e mai pensare che ci sia un territorio intonso. Questo territorio ha vissuto e sta vivendo e mi auguro che porterà a termine la ricostruzione, dove sono girati e gireranno molti soldi e guardate poi, al di là delle considerazioni sociologiche. C’è una cosa che muove le organizzazioni criminali: i soldi. E proprio Giovanni Falcone
diceva che e ci insegnò proprio che seguendo i soldi, era possibile disarticolare in qualche modo le organizzazioni
criminali. Quindi dove ci sono condizioni di ricchezza e di sviluppo e dove ci sono i soldi, sopratutto quelli pubblici è ovvio che l’attenzione deve essere massima”. (ANSA).