A pochi metri da Totti, accanto a me, un ragazzo  vive la partita come una passione, è così appassionato di calcio che sembra parte integrante della squadra,  e si capisce che vorrebbe gettarsi nel grande campo  di Tirana  a lottare per il possesso palla, tanto è estasiato da ogni gesto, da ogni passaggio, da ogni attimo, e si agita, grida, ride e si dispera nel suo sogno pieno di emozioni, nel suo gioire, nei suoi sentimenti indescrivibili, nelle emozioni vere che vive, che fanno battere forte il cuore,… che ci toglie il respiro e ci parla d’amore. E’ come un grande amore e l’amore è poesia. Mi è tornato in mente proprio mentre sudicio, zoppo, assetato, affamato, stanco, più bagnato che sudato, inondato di emozioni, salgo su un improbabile aereo che dovrebbe riportarmi a Roma. Speriamo. Mi viene in mente mentre ho ancora le lacrime agli occhi sommerso dalle emozioni vere che ho vissuto ieri sera. Forti da fare male. Mi viene in mente la felice intuizione di Pier Paolo Pasolini, che giocava all’ala destra e non perdeva occasione per tirare due calci a un pallone: Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”. Serve aggiungere altro?

Atmosfera da brividi. Emozioni vere. In fondo, è quello che conta nel calcio. Emozioni vere per questa che è la coppa di Josè Mourinho. Che riporta la Roma a un titolo europeo che mancava praticamente da sempre, all’Italia dalla Champions dell’Inter 2010. Da Mou a Mou. Ci voleva un allenatore speciale per regalare alla Roma un trofeo che aspettava da tanto, troppo tempo. L’ha vinta soprattutto lui, José Mourinho, il condottiero di un gruppo che ha portato a termine la missione a Tirana contro il Feyenoord. Vincendo… alla Mourinho. Un gol “di rapina”, tanta difesa, testa, cuore, intelligenza. E alla fine il tecnico è scoppiato in lacrime, festeggiando con la stessa intensità di una Champions.
Ma emozioni vere soprattutto perché la coppa è della Roma, per Roma. Una città  intera, bellissima e stracciona,  oggi  è in festa, a casa, nelle strade, a Tirana come allo stadio Olimpico gremito senza nessuno in campo,. Emozioni vere vissute per questo piccolo pezzo di storia del calcio romano e romanista. In fondo, anche italiano

Emozioni vere mentre spunta l’alba sui terrazzi dell’Eur. Mentre  mezza città si sveglia  e mezza va a dormire E , come dice De Gregori, tutto si arroventa e tutto fuma per le strade di Roma. Emozioni vere tra i sampietrini del centro, i palazzoni delle sconfinate periferie, i seggiolini dell’Olimpico, gli animi di tutti i romanisti, di chi è partito per un viaggio della speranza e chi è rimasto a casa a sperare “…pè n’impresa, de quelle da racconta’ davanti ar focolare…”, recita la poesia di Valerio Mastandrea all’indomani del 7-1 subito a Manchester. La gente romanista ieri aveva un appuntamento con la storia, la propria, per farci i conti, una volta per tutte. Ci è arrivata con una strana inusuale fiducia, più forte della caratteristica scaramanzia, fiduciosa – appunto – che nella notte di Tirana i sogni, per una volta, si realizzassero nella forma tanto agognata di una Coppa, e non si perdessero nella solita dolorosissima struggente valle di lacrime. C’era fiducia, perché ci si sentiva protetti dalla famiglia. Perché da oggi a Roma c’è aria nuova nell’aria: “Sono famiglia”