TERAMO – L’Istituto Zippilli-Lucidi sotto la lente di ingrandimento dell’Università La Sapienza di Roma. Ne dà notizia il dirigente scolastico Lia Valeri che, proprio in questi giorni, insieme al team docenti ha incontrato la dottoranda Giulia Valenti dell’ateneo romano, giunta in città per analizzare e approfondire le metodologie messe in campo dall’istituto per i processi di apprendimento di bambini e ragazzi.

“Alcuni mesi fa – commenta la Valeri in proposito – La Sapienza ci ha contattati perché interessati in particolare alla PBL, un nuovo modello di insegnamento e apprendimento che stiamo adottando in tutte le scuole del nostro istituto, sul quale crediamo molto e che ha trovato riscontro nelle intenzioni del famoso ateneo romano. L’obiettivo è quello di utilizzare tale metodologia perché gli studenti diventino col tempo in grado di lavorare in modo autonomo e con senso di responsabilità e, in questo, l’università romana ci seguirà garantendo un’azione di monitoraggio che consenta di analizzare i tempi della didattica e la gestione delle classi, in modo da assicurare una struttura efficace”.

Proprio nell’istituto Zippilli-Lucidi è infatti utilizzato da qualche tempo, come metodologia di lavoro, il Problem Based Learning (PBL) – apprendimento basato sui problemi – un metodo formativo che pone lo studente in una posizione attiva attraverso varie strategie. Utilizza infatti la situazione problematica come punto di partenza dell’apprendimento e alterna il lavoro in piccoli gruppi in aula allo studio indipendente a casa. In questo modo si aumenta la motivazione degli studenti e si rendono significativi gli apprendimenti, sviluppando capacità di studio autodiretto e competenze di ragionamento critico.

“La Sapienza – continua il dirigente scolastico – sta procedendo con un’osservazione diretta nelle classi, mentre ha già effettuato un focus group con gli insegnanti del nostro istituto ed è in procinto di realizzare alcune interviste per approfondire la nostra progettazione curricolare. Il loro interesse nei nostri confronti ci inorgoglisce e, ovviamente, ci sprona a fare ancora meglio, anche in virtù del potenziale che la metodologia in questione offre”.

Lavorare per problemi sviluppa infatti una mentalità nuova, flessibile, costituita dalla cultura del far bene, dalla possibilità di muoversi in situazioni incerte e dalla capacità di cercare nuove strade. “In questo modo, dunque – conclude la Valeri –, gli alunni si sentono più motivati e soddisfatti perché “toccano con mano” i risultati di un lavoro di gruppo. Inoltre, apprendono in maniera più profonda e fissano i concetti a lungo termine, poiché mettono direttamente in atto ciò che studiano e sviluppano il pensiero critico mentre lavorano in un’ottica d’inclusione. Ora attendiamo il riscontro dell’ateneo romano, la cui collaborazione è per noi preziosa e che, ne siamo sicuri, ci permetterà di perfezionarci e di continuare a migliorare, guardando sempre al benessere dei nostri studenti”.