“Oggi è nato un Salvatore”: è l’annuncio più sconvolgente della storia dell’umanità. Un bambino nasce in una gelida grotta di Betlemme per portare la speranza a tutti gli uomini. Sceglie di nascere povero in una stalla, quando avrebbe potuto scegliere di nascere in un palazzo reale. Ma oggi, senza iphone, è fuori moda. Chi glielo avrebbe detto che la festa del Natale sarebbe diventata pura formalità, una semplice e ripetitiva tradizione, vissuta in modo superficiale e mondano. Inutile ricordare che Natale significa “nascita”. Quando dici Natale oggi il pensiero va solo a tutto quell’indotto economico che conta sull’iniezione di ossigeno delle feste natalizie. Commercio, ristoranti, hotel, mete turistiche. Altro che Giuseppe e Maria.. Altro che bue e asinello. Datemi Natale. Voglio spendere. Datemi Natale. Voglio tirare fuori il cappotto rosso “ValenPino”.
Chi glielo avrebbe detto come sarebbe finita, a quei primi cristiani che in una fredda notte d’inverno del 300 d.C, si scambiarono le prime “strenne” per festeggiare il “dies natalis”. Il Natale della tradizione cristiana e popolare non c’è più. Oggi il Natale è solo il maggiore stimolo annuale per l’economia. Natale si è trasformato in una festa meramente consumistica. Eppure Gesù bambino è ancora lì per noi. Ancora ci chiama a reagire. Questo è un tempo di preghiera nelle sue diverse forme. E’ un tempo di speranza. “E’ sulla concreta che verremo giudicati” .
Papa Francesco è stato chiaro: l’indifferenza inquina i pozzi dove si abbevera la nostra umanità e forse lascerà tracce indelebili nei cuori e nelle menti, come certe radiazioni che entrano nel sangue e rilasciano lentamente ma inesorabilmente i loro effetti. Ci vuole qualcosa che sfidi l’indifferenza, la rassegnazione, la paura che stanno prendendo possesso dei cuori. Ci vuole qualcosa di speciale per affrontare questa sfida. Anzi, ci vuole qualcuno. Qualcuno che testimoni un modo di vivere e di rapportarsi con gli altri fondato sulla coscienza che nessuno si salva da solo, come ci ricorda papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti. Per noi cristiani questa è la stagione – tanto impegnativa quanto entusiasmante – in cui mettere alla prova se la fede è capace di reggere l’urto di un attacco potente che ci assedia.
Occorre rifiutare la logica del “si salvi chi può”, perché, come afferma ancora Papa Francesco, “il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti” . Al centro della nostra fede c’è il Natale, la luce, la speranza, la rinascita. Oggi si accende a Betlemme una luce di speranza che ci dice che la sofferenza e la morte che non sono l’ultima parola.
Occorre però testimoniare questa “nascita”, camminando con la vita nuova che ci viene proprio dalla speranza cristiana impegnandoci nella cura delle persone più fragili ed esposte: gli anziani e gli ammalati, spesso prime vittime della indifferenza.
Occorre un vero Natale: radicato nella fede e proiettato verso le periferie, che non mancherà di chinarsi verso chi è nel bisogno. Per non girarsi davanti alle proprie responsabilità, per non chiudere gli occhi trascurando i piccoli ma significativi gesti di amore, perché dalla carità passa la prima e vera testimonianza della “nascita” e del Vangelo. In questo Natale ricordiamoci che è sulla concreta carità che tutti infatti verremo giudicati, come ci ricorda il Vangelo (cfr. Mt 25, 31-46).
Occorre un vero Natale: quello che accade ci sfida a riconoscere che forse abbiamo bisogno di essere salvati noi dal Natale, di aprire il cuore al Dio che si è fatto compagno di strada dell’umana fragilità. Il mistero dell’Incarnazione – che ci prepariamo a celebrare nell’esistenza quotidiana – ci parla di un Dio che assumendo l’umana condizione è stato capace di vincere ogni distanziamento. Occorre un Natale che ci renda capaci di riconoscerlo anche oggi. Buon Natale a tutti.