TERAMO – Nel dibattito delle ultime settimane sembra che la crisi delle attività commerciali nel centro storico e nelle zone limitrofe sia colpa del PUMS, tra l’altro ancora non attuato, e della mancanza di parcheggi. I dati nazionali forniti da Confcommercio, ci dicono che all’interno delle città ci sono tipologie di negozi che crescono, e anche molto.
Vediamo le dinamiche negli ultimi nove anni per i principali settori: il -16,4% del dettaglio in sede fissa nei centri storici si compone di perdite moderate dei negozi che vengono beni essenziali, come gli alimentari, o che offrono servizi sempre nuovi e più complessi, come le tabaccherie che gestiscono per i clienti anche servizi amministrativi e finanziari, oltre che vendere merci tradizionali.
È abbastanza evidente, poi, un effetto composizione dei consumi sulla demografia d’impresa: crescono negozi di telefonia, computer e infotainment domestico e crescono le farmacie. Salute e tecnologia sono poli attrattori dei consumi negli ultimi 20 anni e in particolare negli ultimi 10.
Il resto è in discesa, soprattutto i consumi tradizionali: cade il numero di negozi di abbigliamento, calzature, libri, giocattoli, mobili, ferramenta. Questi negozi escono dai centri storici, anzi quasi scompaiono, per trasformarsi nell’offerta delle grandi superfici specializzate fuori dalle città, oppure si riaggregano nei centri commerciali ultra-periferici. Un fenomeno che comporta una minaccia per la vitalità delle nostre città ma che dipende da dinamiche estranee all’accessibilità motorizzata dei centri storici.
Anche l’avvento dell’e-commerce ha contribuito, e non poco, alla crisi del commercio tradizionale, che non riesce ad offrire una valida alternativa agli acquisti online, alternativa che deve puntare sulla qualità dei prodotti, sulla fidelizzazione della clientela e sull’ampliamento dei servizi post vendita.
Ma è più facile prendersela con una carenza di parcheggi, più percepita che reale, visto che in prossimità alla cinta urbana di Teramo ci sono ben tre megaparcheggi: Parcheggio San Francesco (1.200 posti auto) sottoutilizzato e parzialmente modificato per accogliere uffici comunali, autolavaggio, McDonalds… ; Parcheggio San Gabriele (500 posti auto) che potrebbero aumentare soprelevando la struttura portandola al livello di via Nicola Dati; Parcheggio di Piazza Dante 147 posti; oltre al Parcheggio Santuario Madonna delle Grazie di circa 200 posti auto e ad altri parcheggi sparsi (viale dei Tigli, Circonvallazioni, ecc.).
Qualcuno affermerà che i posti auto sono pochi (anche se, in alcune fasce orarie, i parcheggi coperti sono semivuoti) ma non è possibile ipotizzare di trovare un posto auto per ogni residente, impiegato, studente, operatore economico, cliente, visitatore, che frequenti il centro storico. In soldoni, in una città con un tasso di motorizzazione pari a 899,49 vetture ogni 1.000 abitanti, con 54.957 residenti e circa 49.400 vetture circolanti, considerando anche quelle che arrivano da fuori comune, si creerebbe la necessità di oltre 60.000 parcheggi e più per accontentare ogni singolo impiegato, ogni singolo professore, ogni singolo commerciante, ogni singolo studente, che volesse recarsi a lavoro, o a scuola, con il proprio mezzo privato. Parcheggi che, considerando un’area di occupazione di mq 12,5 per posto auto, avrebbero bisogno di 750.000 mq di aree pubbliche per accontentare tutti; 75 ettari di spazio pubblico che potrebbe essere destinato a piazze, giardini, aree giochi, luoghi di socializzazione.
Quali, allora, le soluzioni?
Il problema del commercio, non solo a Teramo, va di pari passo con una diffusa diminuzione della qualità urbana, una percezione di scarsa sicurezza e, in genere, un impoverimento di funzioni, al di là dell’offerta commerciale.
Le cause – da ricercarsi in più fattori e in tempi non recentissimi – potrebbero essere anche imputate all’approccio finora utilizzato per affrontare il tema. Evidentemente gli strumenti classici della pianificazione urbanistica non funzionano per risolvere problemi legati al commercio urbano. Occorre un salto di scala a livello progettuale che, da un lato, punti alla programmazione strategica per lo sviluppo dei centri e, dall’altro, sappia disegnare con precisione il fronte commerciale integrandolo con lo spazio pubblico, dando vita a un ambiente attrattivo, flessibile e dinamico 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno.
In questa direzione vanno le esperienze finora compiute, anche a livello italiano, in tema di town centre management e placemaking e placemanagement. Esperienze che mutuano dalle metodologie di stampo anglosassone tecniche d’intervento e modalità d’integrazione fra soggetti pubblici e privati. In altre parole, s’individuano partnership tra i soggetti portatori d’interesse attraverso cui costruire programmi di azione economici, urbanistici e immobiliari che, pur favorendo l’iniziativa imprenditoriale, garantiscano la componente pubblica insita nella complessità dei nostri centri urbani.
In tal senso è interessante la sperimentazione dei Distretti del commercio e dell’attrattività perseguita dalla Regione Lombardia sia, più recentemente, quella lanciata da Regione Veneto, che offrono un approccio integrato alla promozione del centro urbano, non solo in chiave commerciale, con una partership tra pubblico e privato, con interventi di gestione integrata per tramite di un “programma di intervento” strutturato in base a macroaree d’azione ammissibili:
Comunicazione e marketing di Distretto: (studi e analisi della composizione commerciale del distretto e della tipologia dei consumatori, piani di marketing per la valorizzazione del Distretto, sistemi integrati di promozione, ecc.)
Promozione e animazione: (ideazione e realizzazione di percorsi tematici, iniziative ed eventi volti a favorire l’attrattività del distretto)
Interventi strutturali di qualificazione urbana: (interventi di restauro, risanamento, ristrutturazione dell’arredo urbano e del patrimonio edilizio destinato al commercio, comprese le aree pubbliche; implementazione del verde urbano; aumento delle aree pedonali)
Accessibilità e mobilità: (realizzazione di percorsi ciclabili e pedonali, l’abbattimento di barriere architettoniche, la riqualificazione di aree per la sosta, l’implementazione del trasporto pubblico locale, l’acquisto di biciclette, veicoli a metano ed elettrici, la promozione di forme di trasporto merci sostenibile, ecc.)
Sicurezza: (opere per la sicurezza delle persone, come delle merci e degli immobili, quali sistemi di videosorveglianza e di allarme, ecc.)
Gestione di servizi in comune: (innovazioni organizzative e sistemi comuni di gestione integrata delle attività logistiche e di marketing, servizi aggiuntivi di pulizia degli spazi urbani, personalizzazione della segnaletica, prevenzione e rimozione dei graffiti, servizi di vigilanza e security, ecc.).
In sintesi, semplificando il discorso, si tratta di gestire gli spazi urbani come un unico contenitore, dove le attività commerciali e turistiche si integrino con quelle di servizio e con la residenza, con una gestione integrata pubblico-privato, come, in piccolo, si fa nei centri commerciali, con in più la componente abitativa e sociale.
Difficile? L’alternativa è la morte del commercio teramano, PUMS o non PUMS – Raffaele Di Marcello –