ROMA – L’omicidio di Thomas Luciani – alla cui famiglia vanno le nostre condoglianze per l’atroce perdita – ripropone con lampante drammaticità il problema di una condizione giovanile densa di solitudine e spesso afflitta da una mancanza di valori e di empatia.
Se a 17 anni si arriva a uccidere un coetaneo per un debito di 200 euro, significa che il dio denaro è saldo sulla piramide valoriale ben prima del conseguimento della maggior età.
Se a 17 anni si arriva a togliere la vita a un conoscente per una “questione di rispetto”, significa che tra gli adolescenti stanno prevalendo i princìpi cancerosi della malavita organizzata.
Se a 17 anni si arriva a infierire su un ragazzo morente e a ridere della sua tremenda fine, significa che si è perso l’orizzonte dell’umanità: non si riconosce più l’altro ma lo si vede soltanto come un possibile nemico da eliminare per poi vantarsene.
Gli adolescenti degli anni Duemila vivono isolati. Pensano di poter comunicare col mondo attraverso il web ma finiscono col diventare tante piccole isole, e talvolta immaginano che la violenza sia una cura contro la
solitudine.
Le famiglie non vanno lasciate sole. Le politiche giovanili vanno rafforzate, coinvolgendo in primo luogo la scuola – luogo di formazione per eccellenza – ma anche gli psicologi, che possono aiutare le famiglie e i loro figli: occorre un’alleanza tra le componenti istituzionali della società che li aiuti a discernere il Bene dal Male.
Diversamente, andremo incontro a un mondo sempre più arido e violento.
I segnali che stanno arrivando sono sempre più chiari: non c’è più tempo – On. Luciano D’Alfonso Sen. Michele Fina