Ridateci la scuola vera, non virtuale!
(scritto su uno striscione da genitori in mobilitazione)
La Didattica a distanza: solo la risposta ad una emergenza?
Le scuole italiane hanno adottato la cosiddetta “DaD”, cioè la “didattica a distanza” nel corso del periodo in cui il covid.19 ha fatto la sua comparsa.
Sicuramente la sperimentazione e la messa in atto di questo collegamento on line tra docenti ed alunni per l’espletamento delle lezioni, ha avuto le intuibili difficoltà di un avvio fatto di incertezze e di approssimazioni, che erano da mettere in conto.
Resta comunque il fatto che una scuola in formato digitale è, e deve rimanere, una misura eccezionale che va incontro ad un fenomeno epidemico che è fuori dall’ordinario.
Credo che questa sottolineatura, che sembra ovvia e scontata, va fatta in quanto sta passando la concezione che la didattica a distanza, opportunamente integrata o migliorata attraverso dispositivi per rendere agevole la connessione, rappresenti un sistema “moderno” di impostare l’azione educativa.
Sappiamo che così non è e che portare avanti una simile visione vuol dire implicitamente “far passare” l’idea che la scuola sia un luogo di mero apprendimento di nozioni e che tutto ciò che le sta intorno, dalla relazione fra compagni alla socializzazione fra fasce generazionali diverse, come tra adulti e bambini, sia la cornice ad un quadro, bella ed arricchente sì, ma che di tale decoro si possa fare anche a meno.
Una scuola concepita con il sistema della didattica a distanza rappresenta uno stile di insegnamento che pone in atto, praticamente, un distanziamento capace di generare comportamenti asociali, alimentando una cultura della diffidenza e della difesa dall’altro da sé.
Pensiamoci un attimo e valutiamo un rischio tutt’altro che astratto: quello della realizzazione di un “disegno” finalizzato a smembrare le diverse comunità di bambini e di adolescenti con l’intento, non sappiamo quanto inconsapevole, di non fare incontrare più fra loro i coetanei .
Prima i ragazzi avevano le piazze dove socializzare, condividere i propri progetti e confidarsi i propri sogni: poi avrebbero proseguito a farlo nelle aule scolastiche tra una lezione e l’altra o durante la ricreazione.
Passa del tempo e ci accorgiamo che quelle piazze che erano un ritrovo per i ragazzi, vengono “espropriate” per essere trasformate in aree parcheggio: nello stesso tempo, siccome le città sono diventate “contenitrici di auto” ed a minaccia di incolumità dei soggetti in età evolutiva, ci si accorge che, lentamente, la frequentazione di quegli spazi pubblici e fare socializzazione viene azzerata! I ragazzi si incontreranno ma al chiuso delle case e previa telefonata dei genitori che prendono accordi per la custodia del minore. Tutta un’altra musica, in termini di libertà di movimento!
Se ne va così una fetta di spontaneità. Prima i ragazzi, in piazza, litigavano, poi si riappacificavano e cambiavano umore con estrema rapidità, passando dal broncio al sorriso nello stesso pomeriggio.
Ma una cosa simile non accade nel chiuso delle case, dove si è al massimo in due e si impara così, da bambini, “l’arte” della critica nei confronti di chi è assente e che non può difendersi. C’era comunque sempre la scuola che resisteva ancora e tra una lezione e l’altra vi era la possibilità, confrontandosi con altri, di rivedere il proprio punto di vista e riformulare quindi un giudizio , forse troppo affrettato…
Adesso neppure più questa occasione di incontro, neanche una minima possibilità per rivedere le proprie idee che, da opinioni senza un confronto, si trasformano in giudizi del tutto affrettati che diventano inappellabili …. determinando il terreno fertile per la creazione degli stereotipi.
Se c’era qualcosa da correggere nella scuola, era l’assenza di una educazione alle emozioni, una crescita della dimensione empatica, una cultura per lo sviluppo dei sentimenti: aspetti questi che, dopo il sopraggiungere del covid.19, sono stati tremendamente ricacciati nel dimenticatoio al punto da non essere più visti come una priorità.
Forse però possiamo vedere questo scenario che oggi ci appare a tinte fosche, come una opportunità per un rilancio della scuola, perché riprenda quota su basi nuove.
Una scuola, quella che riprenderà a correre, che abbia tutte le credenziali per porre l’alunno al centro dell’azione educativa….senza contare che un sistema di insegnamento fondato esclusivamente sulla tecnologia informatica, finirebbe per “determinare un rigetto” nei confronti dei dispositivi elettronici per la istruzione, che assumerebbero una egemonia pedagogica, a tutto discapito di una crescita armonica della digitalizzazione!
Ernesto Albanello