“Ho un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione in Ucraina”. Papa Francesco esordisce così al termine della catechesi all’udienza generale di oggi. Poco prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana, il suo ampio appello alla pace che non nasconde forte preoccupazione e rammarico per l’esito, per ora negativo, registrato dai negoziati internazionali. “Nonostante gli sforzi diplomatici delle ultime settimane – osserva – si stanno aprendo scenari sempre più allarmanti. Come me tanta gente nel mondo sta provando angoscia e preoccupazione. Ancora una volta la pace di tutti è minacciata da interessi di parte”. Francesco prosegue: Vorrei appellarmi a quanti hanno responsabilità politiche perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è il Dio della pace e non della guerra, il Padre di tutti non solo di qualcuno che ci vuole fratelli e non nemici. Prego tutte le parti coinvolte perché si astengano da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni, destabilizzando la convivenza tra le nazioni e screditando il diritto internazionale.
Francesco sa che la politica non basta a cambiare i cuori, solo Dio può farlo, si rivolge quindi a tutti invitando credenti e non credenti ad unirsi in una supplica corale per la pace: Gesù ci ha insegnato che alla insensatezza diabolica della violenza, si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. Invito tutti a fare il prossimo 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della Pace preservi il mondo dalla follia della guerra.
La pace è un bene prezioso, oggetto della nostra speranza, al quale aspira tutta l’umanità. Sperare nella pace è un atteggiamento umano che contiene una tensione esistenziale, per cui anche un presente talvolta faticoso «può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino». In questo modo, la speranza è la virtù che ci mette in cammino, ci dà le ali per andare avanti, perfino quando gli ostacoli sembrano insormontabili. La nostra comunità umana porta, nella memoria e nella carne, i segni delle guerre e dei conflitti che si sono succeduti, con crescente capacità distruttiva, e che non cessano di colpire specialmente i più poveri e i più deboli. Anche intere nazioni stentano a liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della corruzione, che alimentano odi e violenze. Ancora oggi, a tanti uomini e donne, a bambini e anziani, sono negate la dignità, l’integrità fisica, la libertà, compresa quella religiosa, la solidarietà comunitaria, la speranza nel futuro. Tante vittime innocenti si trovano a portare su di sé lo strazio dell’umiliazione e dell’esclusione, del lutto e dell’ingiustizia, se non addirittura i traumi derivanti dall’accanimento sistematico contro il loro popolo e i loro cari. Le terribili prove dei conflitti civili e di quelli internazionali, aggravate spesso da violenze prive di ogni pietà, segnano a lungo il corpo e l’anima dell’umanità. Ogni guerra, in realtà, si rivela un fratricidio che distrugge lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana. La guerra, lo sappiamo, comincia spesso con l’insofferenza per la diversità dell’altro, che fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio. Nasce nel cuore dell’uomo dall’egoismo e dalla superbia, dall’odio che induce a distruggere, a rinchiudere l’altro in un’immagine negativa, ad escluderlo e cancellarlo. La guerra si nutre del pervertimento delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della diversità vista come ostacolo; e nello stesso tempo alimenta tutto questo.