Una ridicola direttiva del Parlamento Europeo – si proprio quelli che non si sono accorti dei ladroni in casa – invita ad “evitare nella comunicazione ufficiale dell’Europa” gli auguri di ‘Buon Natale’, e i nomi di Maria, Giuseppe, Gesù perché “simboli non inclusivi dell’accoglienza che dobbiamo ai simboli e ai valori di altre culture e confessioni religiose”. Io trovo questa decisione poi rigettata quanto di più offensivo ci possa essere per l’identità europea, il buon senso e soprattutto per quello che quei simboli  veicolano.

E cioè l’accoglienza della vita così come viene al mondo, anche nella sua ‘estraneità’ alle leggi della natura e della storia, ai vincoli e alle convenzioni di ogni cultura. Quel che va in scena, nella storia delle culture umane, dall’Annunciazione al Presepe che è la nascita di un’antropologia, quella cristiana, dove ‘prima’ viene la vita al di là dei panni (Re del mondo o poveraccio, reietto) che indosserà. Cristianità ovvero Europa, è la mia e la nostra cultura, che si pone il problema di non offendere le culture degli altri, si gioca su un sentire fondativo di una capacità di accoglienza dell’umano affacciatasi alla storia nell’esperienza cristiana della vita. Esperienza che ha proposto alla civiltà del Mediterraneo, regnanti Augusto e Tiberio, quello che sarebbe divenuto il suo patrimonio morale distintivo: una dignità dell’uomo che non è nella disponibilità di nessun potere umano ma solo dell’amore, della fondativa solidarietà universale del fatto umano garantito nella paternità incarnata di Dio.

È un fatto storico, perché è stata concepita nel cuore dell’accoglienza umana, la cui ispirazione divina è il vero miracolo del cristianesimo. L’esperienza cristiana della vita, è il contenuto antropologico dell’Incarnazione cristiana nella scena dell’Annunciazione. Perché la stessa divinità di Cristo lì è stata «concepita» nel seno di Maria e nel cuore di Giuseppe: nella loro accettazione della rottura dell’ordine naturale (Maria che dice sì, che accoglie l’annuncio, l’iniziativa di Dio, anche se è immacolata e «non conosce uomo», Luca 1,34); e dell’ordine culturale (Giuseppe che pensò di rimandarla in segreto, e non lo fece e tenne con sé la donna, Matteo 1, 18-24).

Il Cristianesimo che ci fa vedere divino ogni uomo che ci venga incontro o che incontri caduto sulla strada. La morale del Samaritano ne è la logica conseguenza. Come divenire storico  il cristianesimo è la trasmissione di questo genio dell’accoglienza dell’umano. Cristo è il Maestro-testimone di questo genio, di questa personalizzazione della fede in cui metto il mio cuore su un altro, in un altro in un incontro che mi rinnova. E mi fa libero, libero da ogni condizionamento del Potere. ‘Buon Natale’ è l’invito e l’augurio ad ogni uomo a ‘ri-nascere’ così, libero, accogliente; quale che sia la sua cultura, la sua razza, la sua religione ‘Buon Natale’ è l’augurio più inclusivo che c’è. Solo un’Europa ed europei che non sanno più chi sono, possono pensare di offendere augurandosi ed augurando ‘Buon Natale’. Buon Natale – laicamente, inter religiosamente, inter culturalmente – significa solo ‘rinasci’: non come sono io, ma in te, come sei tu, solo migliore – per te e per i tuoi fratelli. Per i cristiani, qualcosa in più: significa ricordati del Bambino. A meno che l’invito a ‘rinascere’ all’incontro con gli altri non sia proprio quello che si vuole evitare; troppo impegnativo. Meglio ‘Buone feste’, per consumare senza essere disturbati un po’ di più e non cambiare niente dei giorni feriali finite le feste. L’avevano capito i pastori. Possibile non lo capiscano i dottori del Sinedrio europeo?

Il Santo Natale rappresenta, per tutti i cristiani, uno dei momenti più belli e speciali allo stesso tempo: Gesù, il Figlio di Dio, si incarna nella nostra natura umana. Ma c’è qualcosa che mina il suo valore autentico. Tutti, o quasi, amiamo il Natale. Se facessimo un sondaggio, pochi oserebbero dire che odiano il Natale. Ma di quale Natale stiamo parlando? Di quello dove il nostro cuore e la nostra mente si aprono alla venuta di Cristo nella nostra natura umana per riscattarla e portarci la Salvezza, o al Natale dove i regali e i pranzi sono al primo posto? Sono domande che dobbiamo porci per capire e riflettere davvero sul mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio e, soprattutto, su come ciascuno di noi lo vive e sotto che aspetto

Il Natale è una festa meravigliosa, però oggi rischia di essere sommerso da un anti Natale .Tanto poco abbiamo capito il Natale e, tanto poco, viviamo il Natale. La venuta di Gesù in questo mondo: lui, il Messia, non ha chiesto né voluto ricchezza alcuna, né tanto meno “fuochi d’artificio”, Gesù ha scelto la povertà per dirci chiaramente che l’equazione: ricchezza = felicità, è un inganno. Solo se gli uomini sono in comunione con Dio, “diventano pacifici e pacificatori”. Il pensiero va al mondo di oggi, un mondo che sta facendo la corsa alle armi nucleari, non curanti che queste possono distruggere il mondo nel giro di pochi secondi. Come scrive Papa Francesco: “Quando queste vengono usate, non ci sono né vittime né vincitori. È una follia. Se vogliamo ritrovare la pace e tornare alla formula di Betlemme”. L’usanza di scambiarsi doni a Natale, riempiendo anche le case e le nostre vite di cose inutili: “Invece di riempire le case, svuotiamole. Tutti abbiamo qualcosa in più. Programmiamo un’opera buona. Madre Teresa ci diceva che “Calcutta ce l’abbiamo a casa”. Apriamo gli occhi e facciamo un’opera buona, di misericordia, asciughiamo una lacrima. Così sentiremo la presenza di Dio. Solo così, il nostro cuore potrà diventare davvero la culla di Betlemme.