TERAMO – Il cambiamento climatico, ormai, è un dato di fatto. L’Europa chiede anche all’Italia azioni immediate per raggiungere l’obbligatorio parametro della riduzione di emissioni di almeno il 55%, entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. In caso contrario ci saranno pesanti sanzioni economiche e, peggio ancora, i danni per l’ambiente, e per l’uomo, aumenteranno sempre più.
Tra le azioni il ripensamento del sistema di mobilità assume una particolare importanza. Passare tutte le automobili all’elettrico non è la soluzione; la produzione di energia elettrica è ancora troppo legata a fonti non rinnovabili e, comunque, non si eliminerebbe l’inquinamento derivante da usura pneumatici, freni (la polvere di ferodo dei pattini freno genera polveri sottili), e usura dell’asfalto. Inoltre la produzione e la manutenzione dei veicoli, elettrici o endotermici, provoca anch’essa inquinamento e, quindi, il pasaggio all’elettrico, da solo, non risolverebbe il problema alla radice.
E qual è la radice del problema? L’utilizzo massimo dell’auto privata, ampiamente favorita negli ultimi 70 anni, ha provocato diversi fenomeni: diffusione incontrollata delle città (il cosidetto sprawl), aumento delle infrastrutture, congestione degli spazi pubblici (con uno spropositato bisogno di parcheggi e strade), oltre ad inquinamento (atmosferico e acustico) e incidenti, spesso con esiti mortali. Inoltre l’automobile ha stravolto i nostri stili di vita, agendo come una vera e propria droga, generando dipendenza, ed impedendoci di organizzare il nostro tempo al di fuori dell’utilizzo delle quattro ruote.
Ma, adesso, è tempo di cambiare. E per cambiare servono serie politiche pubbliche e azioni personali che vadano verso l’abbandono del mezzo privato in favore del mezzo pubblico, degli spostamenti in bicicletta e a piedi, dell’uso dei mezzi in condivisione.
E’ una strada senza ritorno, e prima ci adeguiamo e meglio è. Certo, la parte pubblica deve fare la sua parte, rivedendo la pianificazione delle città (favorendo il fenomeno della “città dei 15 minuti”, che garantisce, in un lasso temporale di spostamento di un quarto d’ora, il raggiungimento, a piedi o in bici, di tutti i servizi essenziali), l’organizzazione dei trasporti (con trasporto pubblico locale diffuso ed efficiente, a costi contenuti), la rivisitazione dei tempi delle città (senza concentrare tutte le attività negli orari di punta) e la realizzazione di infrastrutture per la mobilità pedonale, ciclabile e di micromobilità.
L’automobile di certo non sparirà, ma bisogna consentire a tutti di poter scegliere una alternativa più conveniente, con meno auto private in circolazione (elettriche) e più mezzi pubblici, auto e altri mezzi in sharing (da affittare al bisogno con una semplice app o tessera), e servizi di prossimità.
L’informatizzazione massiccia, oggi, può aiutare, con la possibilità di lavorare e usufruire di servizi collegandosi da remoto con il proprio pc, limitando così gli spostamenti. Ma per tutto il resto una città moderna deve poter garantire, a tutti, ricchi e poveri, anziani e giovani, autosufficienti o meno, di poter spostarsi, in sicurezza, con il mezzo più conveniente in termini di costi, impatti ambientali, tempi di percorrenza.
Un sogno? Anche il più lungo viaggio inizia dal primo passo… a Teramo, e in altre città della nostra provincia, timidamente, a volte anche troppo timidamente, ci si sta provando. Tra le polemiche, gli attacchi (spesso strumentali), le resistenze di chi, abituato allo “status quo” non vuole cambiamenti. Ma i cambiamenti ormai non sono più prorogabili, pena, in pochi, pochissimi, anni, del veloce decadimento della nostra qualità della vita… nostra e dei nostri figli, nipoti, discendenti.
Teramo città del pedone e dalla bicicletta? Se collaboriamo tutti insieme si potrà fare, diventando anche la città degli anziani e dei bambini, dei giovani, del verde e della qualità della vita. Ma se non ci credono, per primi, i teramani, abbiamo perso, tutti, in partenza.