PESCARA – “Quella strada è diventata una trappola. È come se un gestore di una discoteca facesse entrate tutti, sbarra le porte poi scoppia un incendio. La provinciale n.8 per Rigopiano era l’unica via di fuga“.

Per il pm Anna Benigni la ricostruzione delle vicende sulla pulizia della strada per il resort di Farindola (Pescara) è uno dei punti cruciali della tragedia del 18 gennaio 2017. Nella sua requisitoria ha puntato il dito sulla perfetta conoscenza di una situazione meteo “non paragonabile con quella ben conosciuta del 2015 nella stessa Rigopiano, allerta meteo di cui erano consapevoli in Provincia di Pescara“. Il pm ha ricordato come i dirigenti provinciali fossero a conoscenza della rottura dell’unica turbina spazzaneve disponibile in zona, come pure della mancanza di richieste per sostituirla, magari con un mezzo dell’Anas. “La Provincia sapeva che senza una turbina quella strada non avrebbe potuto essere liberata – ha detto Benigni – eppure nulla viene fatto. Quando al mattino i clienti vengono colti da paura per la scossa di terremoto niente viene fatto. Abbiamo chat che ci fanno capire come lassù fosse tutto bianco, un muro bianco, che era impossibile vedere i confini di nulla“.
Ma per l’accusa la vicenda della strada si collega con i comportamenti del sindaco di Farindola, Lacchetta, il quale “già dal 15 gennaio sa, sta nei suoi messaggi sulla chat tra Provincia e sindaci, che le ‘previsioni sono catastrofiche’, addirittura chiude le scuole, ma poi si attiva per chiedere alla Provincia di pulire la strada il 17 gennaio per portare i clienti su in hotel. E ringrazia poi il presidente della Provincia Di Marco“.

Oggi per la prima volta in aula, dopo oltre due anni di processo, sono stati fatti tutti i nomi delle vittime della tragedia di Rigopiano e mostrati anche i loro volti. E’ stata il sostituto procuratore Anna Benigni durante la sua requisitoria a colmare la lacuna, causata dalla formula processuale del rito abbreviato, durante il quale si saltano alcuni passaggi e non viene ricostruita l’intera vicenda, lasciandola quindi alle conclusioni dell’accusa. Tra i numerosi parenti delle 29 vittime c’è stata commozione durante l’appello e qualche lacrima, “è come se ci fossimo riappropriati del processo, ci ha molto colpito il gesto non scontato del pm, ci ha fatto piacere in qualche modo“, hanno dichiarato a freddo i parenti che come sempre partecipano alle udienze con la pettorina bianca che ricorda a sua volta i nomi di tutti e che in ognuna porta stampato il volto del parente deceduto – ANSA –