MESTRE – Gli ultimi quattro anni in Italia, secondo uno studio il monitoraggio effettuato dall’Osservatorio Vega Engineering, sull’emergenza morti sul lavoro nel nostro Paese. Dal 2020 al 2023 la mappatura del rischio è cambiata più volte, con regioni che da un mese all’altro sono passate da una più che allarmante zona rossa ad una meno preoccupante zona arancione, gialla o bianca e viceversa. Ma ci sono regioni in cui l’allarme è rimasto sempre elevato nel corso del quadriennio: così sul podio dell’insicurezza troviamo il Trentino Alto Adige e l’Abruzzo, entrambi finiti per tre anni su quattro in zona rossa, seguiti da Molise e Umbria per due anni su quattro in zona rossa. Mentre l’unica regione rimasta sempre in zona bianca per l’intero quadriennio con incidenze di mortalità molto basse è la Sardegna.
“Il risultato più evidente dell’analisi è quello che mette in luce il rischio di morte maggiormente elevato nelle regioni con una popolazione lavorativa meno numerosa – spiega Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering di Mestre, – ed è questo, forse, un dato troppe volte sottovalutato. Infatti, si tende spesso a definire l’emergenza attraverso i numeri assoluti, dimenticando come l’incidenza della mortalità sia il valore più realistico attraverso il quale realizzare la geografia degli infortuni mortali ed arrivare a scelte risolutive più incisive sia a livello imprenditoriale che istituzionale”.
Intanto, alla fine dei primi sei mesi del 2023, le regioni in zona rossa, ovvero con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 15 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori) sono: Umbria, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. In zona arancione: Valle d’Aosta, Campania, Calabria, Sicilia, Piemonte e Puglia. In zona gialla, cioè sotto la media nazionale: Veneto, Lombardia, Lazio, Marche, Emilia Romagna e Liguria. In zona bianca, ossia la zona in cui l’incidenza delle morti sul lavoro è la più bassa, sono presenti: Sardegna, Basilicata, Toscana e Molise.
Nel primo semestre del 2020 l’incidenza media era di 21,2 morti per milione di occupati, nel 2021 di 19,7, nel 2022 di 14,8 e quest’anno risale a 15. Va ricordato che nel 2020 e nel 2021 è stato particolarmente influente su questi dati il Covid, che ha portato ad un aumento degli infortuni mortali registrati dall’Inail nei luoghi di lavoro. Pertanto la diminuzione degli infortuni mortali negli ultimi 2 anni (2023-2022) rispetto al precedente biennio (2021-2020) è essenzialmente dovuta alla scomparsa del fenomeno Covid.
Osservando le incidenze di morte per genere, si scopre che le donne rischiano meno dei colleghi maschi. Per gli uomini, infatti, l’incidenza è passata da 32,9 del 2020 a 24,2 del 2023. Per le donne da 5 a 2,4. Guardando invece alla nazionalità, l’incidenza dei lavoratori stranieri in occasione di lavoro è passata da 29 nel 2020 a 25 nel 2023, mentre per gli italiani da 20 a 14. Sulle fasce d’età desta sempre grande preoccupazione la situazione dei giovanissimi in occasione di lavoro: dai 15 ai 24 anni l’incidenza è aumentata, passando da 11 denunce di infortunio per milione di occupati a 14; dati pressoché doppi rispetto ai più maturi colleghi (fascia 25-34 anni) che vanno da un’incidenza di 6 del 2020 a 8 nel 2023. Significativo e allarmante, poi, il dato degli ultrasessantacinquenni (da 91 del 2020 a 55 del 2023).
Le vittime in occasione di lavoro sono passate dalle 485 del primo semestre 2020 a 444 dello stesso periodo del 2021 e sono ulteriormente diminuite l’anno successivo (342 nel primo semestre del 2022) per poi subire una piccola crescita nel 2023 in cui se ne registrano 346 nei primi sei mesi dell’anno. Il decremento dal 2020 al 2023 è del 28,7%. Diversa e contraria la situazione per gli infortuni mortali in itinere registrati nei primi semestri di ogni anno, passati dagli 85 del 2020, ai 94 del 2021, ai 121 del 2022 e ai 104 del 2023. In questo caso l’incremento confrontando il primo semestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2023 è stato del 22%. L’aumento degli ultimi due anni degli infortuni in itinere è probabilmente dovuto all’abbandono dello smartworking utilizzato invece nel 2020 e nel 2021.
Per quanto concerne i settori più colpiti, nel 2020 sono stati Attività Manifatturiere, Trasporti e Magazzinaggio e Sanità e Assistenza Sociale ad aver fatto rilevare il maggior numero di decessi; dato, quello della Sanità, chiaramente connesso all’anno di esordio dell’emergenza sanitaria. Nel 2021, invece, sono stati Costruzioni, Attività Manifatturiere e Trasporti e Magazzinaggio i settori con più vittime. Mentre nel 2022 Trasporti e Magazzinaggio, Costruzioni e Attività Manifatturiere sono sul podio dell’insicurezza così come alla fine del primo semestre del 2023.
Dal 2020 al 2023 le denunce di infortunio registrate nei primi semestri sono passate dai 244.896 del 2020 ai 296.665 del 2023 (+21,1%). I settori più colpiti: Attività Manifatturiere, Costruzioni, Trasporti e Magazzinaggio, Commercio e Sanità. Osservando le incidenze di infortunio per genere, si scopre che le donne rischiano meno dei colleghi maschi nei primi semestri del 2020, 2021 e 2023, solo nel 2022 è stato registrato un indice infortunistico maggiore rispetto agli uomini.
Per gli uomini l’incidenza è passata da 9.736 denunce di infortuni per milione di occupati del 2020 a 12.589 del 2023. Per le donne, nello stesso periodo, è diminuita, passando da 9.186 nel 2020 a 8.679 nel 2023. Guardando invece alla nazionalità, i lavoratori stranieri fanno rilevare un rischio doppio d’infortunio rispetto ai colleghi italiani in tutto il quadriennio. Sono passati infatti da un’incidenza di 16.036 del 2020 a 20.589 del 2023, mentre gli italiani da 8.759 a 9.833. Sulle fasce d’età risulta più che allarmante la situazione dei giovanissimi: dai 15 ai 24 anni l’incidenza è passata dai 20.955 denunce di infortunio per milione di occupati a 34.451.
Nei primi semestri del 2020, 2021 e 2023 è il lunedì il giorno della settimana in cui si è verificato il maggior numero di infortuni mortali sul lavoro in Italia, mentre nel 2022 è stato il martedì. In particolare, nel quadriennio, il 20,3% del totale degli infortuni mortali sono accaduti di lunedì, seguono: il mercoledì (17,2%), il martedì (17%), il venerdì (16,3%), il giovedì (15,4%), il sabato (8%) e la domenica (5,7%).