Mi ero illuso che quest’anno potessimo celebrare la ricorrenza del 25 aprile senza restrizioni. Invece siamo relegati in casa perché il coronavirus non è stato ancora sconfitto e continua a seminare morte in tutto il mondo. In Italia, il numero delle vittime ha superato le centomila unità, nonostante l’opera encomiabile dei sanitari, dei militari, delle associazioni umanitarie e del volontariato. La campagna vaccinale tra tante incongruenze va avanti, ma siamo molto lontani dal raggiungere l’immunità di gregge. La situazione economica è gravissima. Chiudono le fabbriche, abbiamo perso 450 mila posti di lavoro, mentre il turismo, l’artigianato e il commercio sono al collasso. A pagare il prezzo più alto sono i ceti più deboli, soprattutto le donne e le nuove generazioni. Un segnale di speranza arriva dal Governo Draghi, che ha disposto la graduale riapertura di alcune attività economiche.

In questo contesto celebriamo oggi il 25 aprile, festa della Liberazione. Un evento storico che vide le forze migliori impegnate a perseguire i grandi ideali di libertà, indipendenza e unità che si erano affermati nel primo Risorgimento ed erano stati soffocati dal fascismo e dall’occupazione nazista. La Resistenza e la lotta di Liberazione costituiscono un patrimonio politico, etico e morale. Rappresentano il momento e il luogo in cui la Repubblica e le nostre istituzioni affondano le loro radici. La nostra identità e la nostra unità nazionale nascono lì, in quel tempo. Da quella spinta formidabile verso la libertà e la democrazia nacque la Repubblica. Grazie a quel nobile sentimento di comune appartenenza, a quello spirito di concordia fu scritta la nostra Costituzione, furono sanciti i principi in base ai quali l’Italia è cresciuta e oggi è un grande paese civile e solidale.

L’Abruzzo ha dato un grande contributo alla Resistenza. Fu l’Avvocato Ettore Troilo, comandante della Brigata Maiella a liberare molti centri delle Marche e dell’Umbria, a mettere in fuga i nazisti nella battaglia di Brisighella e ad entrare per primo nella città di Bologna. Nella nostra provincia lo spirito di rivolta durante il ventennio fascista non si era mai spento. Molti antifascisti subirono le angherie, conobbero il confino, le persecuzioni e il carcere. Ancor prima della caduta del fascismo, i ragazzi del liceo classico e dell’istituto tecnico di Teramo, tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943, svolsero una importante attività contro il regime. Stampavano e diffondevano clandestinamente dei volantini con i quali mettevano sotto accusa il fascismo. Essi si chiamavano Glauco e Manfredo Mobili, Nino Forti, Lucio Liberi, Mario Ambrosi, Lina Melasecchi (Franca Lancia), Iwan Costantini, Gianni Nisi, Giorgio Valente con la sorellina Giuliana, che sarebbe diventata nel dopoguerra una importante dirigente nazionale del PCI e vicepresidente del consiglio regionale dell’Abruzzo. Questi giovani costituirono il nerbo della lotta partigiana che di li a poco sarebbe iniziata. Dopo l’8 settembre gli antifascisti Ercole Vincenzo Orsini, Mario Capuani, Armando Ammazzalorso, Felice Mariano Franchi, Felice Rodomonti, con tanti altri organizzarono la Resistenza che presto dilagò e divenne lotta di popolo. Scelsero una zona impervia, difficile da individuare. Al Ceppo accorsero oltre 1600 giovani di diverse nazionalità, di diverso credo politico, di diversa fede religiosa. Tutti animati dallo stesso sentimento: la riconquista della libertà. Il comando fu affidato al capitano dei carabinieri Ettore Bianco, coadiuvato del tenente colonnello dell’esercito Guido Taraschi, dal capitano Giovanni Lorenzini e dal tenente Gelasio Adamoli, che diventerà sindaco di Genova e senatore della Repubblica. Le compagnie in assetto di guerra erano così disposte: gli indipendenti erano diretti dal valoroso Armando Ammazzalorso, i comunisti erano capeggiati dall’intrepido Felice Rodomonti, gli azionisti erano comandati dal prode Felice Mariano Franchi, gli stranieri erano agli ordini del maggiore croato Matiassevic.

Era il 25 settembre del 1943. Bosco Martese rappresentò il primo scontro in campo aperto avvenuto in Italia con i nazisti invasori. La battaglia fu cruenta e durò a lungo. I nazisti, i “signori” della guerra furono costretti a ripiegare dopo aver lasciato sul campo oltre 50 morti e tanti feriti. Sulle nostre montagne fu scritta una della pagine più belle della Resistenza nazionale. Una pagina scritta con il sangue. Sacrificio e coraggio: ecco l’epopea della Resistenza. Tanti furono i martiri teramani che caddero per la libertà. Mario Capuani, Ercole Vincenzo Orsini, Berardo D’Antonio, Romolo Di Giovannantonio, Renato Molinari, Alberto Pepe, Francesco Martella, i giovani dell’avamposto partigiano del molino De Jacobis, i carabinieri della stazione di Valle Castellana, gli eroi di Pietralta e di Cartecchio, i ragazzi della caserma Rossi assassinati il giorno prima della Liberazione di Teramo. L’ultima nefandezza compiuta dai nazisti ormai in fuga.

Il ricordo della Resistenza e della lotta di Liberazione non vuole alimentare divisioni. Vuole insegnare la concordia, insieme con l’amore per la Patria e per la Costituzione, che è il fondamento della nostra democrazia. Oggi c’è gente che ha l’ardire di falsare la storia. Il tentativo è quello di voler mettere sullo stesso piano Salò e la Resistenza. Per carità, i morti sono tutti uguali e a ciascuno va la pietà cristiana. Sia chiaro, però. C’era chi stava dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. Chi lottava per la riconquista della democrazia e della libertà e chi invece teneva bordone ai nazifascisti, che in vent’anni di dittatura con la carcerazione degli oppositori politici, con le leggi razziali, con la deportazione nei campi di concentramento degli ebrei avevano seminato terrore e morte non soltanto in Italia, ma in tutta Europa.

Sono ormai anni che i nazifascisti e i sovranisti di tutto il mondo soffiano sul fuoco della grave crisi economica. Fomentano odio, rancore, paura e violenza. In Italia assistiamo ogni giorno a rigurgiti antisemiti e xenofobi che costituiscono una minaccia per la convivenza civile e la democrazia. Tentano di mettere insieme due segmenti di popolazione tradizionalmente opposti: i giovani emarginati e disperati e l’estrema destra perbenista e autoritaria.

Per concludere, mi sia consentito lanciare un appello a tutti i cittadini di fede democratica e di buona volontà. Non date retta a chi vuole spianare i campi rom. Non date retta a chi con cinismo intende speculare sulla immane tragedia dei migranti, che spesso provengono da situazioni terribili e disperate. Non date retta ai populisti e ai sovranisti che indicano scorciatoie pericolose. L’Italia ha conosciuto altri sovranisti e altri nazionalisti. E fu trascinata dopo venti anni di dittatura nella immane tragedia della guerra. A voi giovani d’oggi, cresciuti in una Italia libera, in una Europa pacifica e unita, io dico: non dimenticate gli ideali che ispirarono coloro che si immolarono sulle nostre montagne e nelle nostre valli per liberare l’Italia dal nazifascismo. A voi il compito, anzi il dovere di custodire gelosamente questo patrimonio e di tramandarlo alle generazioni future. Perché su di esso costruiscano il loro domani.

Onorevole Antonio Franchi – Presidente Anpi della Provincia di Teramo