Una notizia dolorosa mi raggiunge mentre sto viaggiando. Un amico di vecchia data, Francesco Ciarrocchi, con il quale ho diviso appartamento, esami, libri, e storie, e serate, e ideali, amicizie, e paure, e tanto altro, come tutti i giovani studenti che dalla provincia raggiungono la capitale per studiare, è stato arrestato.
L’accusa è infamante. Forse la più infamante. Violenza su una donna. Non spaccio di droga mediata dal vizio. Non furto figlio del bisogno. Non un pugno per un gesto di rabbia. Ma infamante, ingiustificabile. Violenza su una donna, più debole. Per questo mi fermo e ho bisogno di gridare subito, contro corrente, che NON CI CREDO. Non conosco i fatti e nessuno li conosce. Non conosco la ragazza giustamente tutelata. Ma conosco Franco. Lo conosco e per questo non ci credo. Un conto è accusare. Un conto è arrestare. Un conto è essere veramente colpevoli. Sono tanti, troppi, i casi in cui un mostro viene buttato in pasto agli sciacalli e poi escono innocenti. Per questo starei molto attento ad accusare un professionista, ginecologo, padre, che ha salvato tante donne, tante famiglie e tante vite. Accusare è facile. Ma io non ci credo.