TERAMO – Perché ci interessa la guerra in Afghanistan? Perché anche l’Italia e anche i cittadini italiani, in tempi di crisi economica e recessione, continuano a finanziare le missioni con scarsi risultati rispetto agli obiettivi proclamati: pace e sviluppo.
“Reporter di guerra e ospedali di pace” con la partecipazione del giornalista Nico Piro e dell’infermiere marchigiano Roberto Maccaroni è il titolo dell’incontro pubblico promosso dal gruppo Emergency Teramo e dal Comune di Mosciano Sant’Angelo, assessorato alla Cultura. L’appuntamento è alle ore 18 del 24 novembre nella sala consiliare del Comune.
L’incontro, moderato dalla giornalista Pina Manente, rientra nell’ambito dei progetti culturali portati avanti da Emergency e dai suoi volontari, che saranno presenti in sala col banchetto informativo e gadget. Emergency nasce nel 1994 per aiutare le vittime della guerra; la fondazione non discende da un insieme di principi o di enunciazioni, ma da una constatazione e da comportamenti che ne derivano come un’immediata ed evidente necessità. Emergency è intervenuto in 18 Paesi, costruendo ospedali, centri chirurgici, centri di riabilitazione, centri pediatrici, posti di primo soccorso, centri sanitari, ambulatori e poliambulatori, ambulatori mobili, un centro di maternità e un centro cardiochirurgico. Su sollecitazione delle autorità locali e di altre organizzazioni hanno anche contribuito alla ristrutturazione e all’equipaggiamento di strutture sanitarie già esistenti.
Nico Piro è inviato speciale per la Rai nelle zone di guerra, ha appena terminato un lungo lavoro di inchiesta in Afghanistan per scrivere il suo nuovo libro dopo il primo “Afghanistan, missione incompiuta”. Notevole la sua esperienza professionale nelle di crisi, Piro, è considerato il pioniere italiano del Mobile Journalism; tra la fine del 2016 e il 2017, ha realizzato la prima diretta FaceBook (durante la campagna elettorale statunitense) e i primi pezzi interamente girati in modalità mobile journalism per la Rai. Per raccontare l’Afghanistan si finanzia con iniziative di crowfunding e il progetto del nuovo libro serve a colmare il vuoto imposto dai media sulla guerra in Afghanistan. Un viaggio difficile anche perché è molto costoso: muoversi in sicurezza, dormire in luoghi protetti, avere l’aiuto di un interprete, incontrare persone con le dovute cautele è impegnativo; ancor di più con un approccio di “basso profilo” senza scorte armate per stare dalla parte della gente, del popolo afghano e acquisirne il punto di vista.
Roberto Maccaroni ha partecipato come infermiere a numerose missioni umanitarie con EMERGENCY in paesi “difficili”, come Libia, Sierra Leone ed Afghanistan.
Note su Emergency
Nelle guerre contemporanee, il 90% delle vittime sono civili e 1 su 3 è un bambino. Donne, bambini, uomini con la sola colpa di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sappiamo bene chi sono: li vediamo ogni giorno nei nostri ospedali.
Non sono solo combattimenti, attentati o bombardamenti a fare vittime. Interi Paesi sono ancora disseminati da mine antiuomo pronte a esplodere. Un’automobile che passa nella strada sbagliata, un bambino che raccoglie da terra quello che gli sembra un giocattolo di plastica, un colpo di zappa mentre si lavora un campo: basta poco per far scattare il meccanismo e cambiare una vita in una frazione di secondo. E in ospedale arrivano persone con uno straccio a fermare il sangue dopo che la loro mano è esplosa, bambini che hanno perso entrambe le braccia, pazienti che rimarranno ciechi perché la mina è esplosa loro in faccia.
Abbiamo cominciato ad occuparci delle vittime nel 1994, nel Ruanda del genocidio. E abbiamo continuato a farlo, mandando in giro per il mondo team specializzati o costruendo centri chirurgici dedicati alle vittime di guerra in Afghanistan, Iraq, Cambogia, Sierra Leone, Libia, Repubblica Centrafricana.
Attualmente sono 2 i fronti di guerra dove siamo presenti: Afghanistan e Iraq; nel primo paese, da più di 40 anni in conflitto, abbiamo iniziato a lavorare nel 1999 e abbiamo curato più di cinque milioni e mezzo di persone: in un Paese di poco più di 30 milioni di abitanti, possiamo dire che una persona su 6 ha ricevuto il nostro aiuto. In Afghanistan il nostro intervento si compone di 3 grandi ospedali e circa 50 posti di primo soccorso sparsi per tutto il paese; in questo stato siamo inoltre riconosciuti, dal ministero per la Salute pubblica, come ente per la formazione in chirurgia di urgenza e traumatologia e nei nostri progetti trovano occupazione e salario diverse centinaia di cittadini afgani.
Purtroppo in questo paese, negli ultimi anni, si registra un costante aumento del numero di feriti che afferiscono nelle nostre strutture.
In Iraq invece l’intervento di EMERGENCY si concentra nel nord del Paese, una zona densamente minata al confine con Iran e Turchia. Nonostante la loro produzione sia oggi messa al bando in Italia, molte di queste sono mine di fabbricazione italiana, eredità di quando il nostro Paese ne era uno dei maggiori produttori mondiali.
Storicamente legato alla cura e alla riabilitazione fisica e sociale delle vittime di questi ordigni, il nostro Programma in Iraq si è ampliato negli ultimi anni per rispondere ai bisogni sanitari emersi dall’afflusso massiccio di profughi e sfollati in fuga dalla guerra in Iraq e in Siria e alle vittime dei combattimenti a Mosul.