TERAMO – “Chi vuole fare calcio deve tirare fuori i soldi, se si vuole divertire, se ama farsi chiamare presidente deve cacciare fuori i soldi, il piacere si paga, cosi come si paga quando uno vuole andare con le belle donne, le paga se non se le può conquistare con il fascino“.
Queste le affermazioni di Franco Iachini, l’ex presidente del Teramo calcio, esternate in pubblico qualche giorno fa e cadute nel silenzio più totale. Affermazioni che descrivono le donne come oggetti passivi, da conquistare con il fascino, oppure come merce, da pagare, come una pelliccia o un Rolex. Nient’altro che il prodotto più triste di questa società capitalista, competitiva e sessista. Le donne, oggetto del desiderio, diventano parte del sistema di compravendita.
Fermo restando che, invece, si dovrebbe lottare per i diritti e per la tutela delle sex workers, sfruttate come tutte noi nella quotidianità delle nostre vite, è inquietante notare come la tendenza a mercificare tutto l’esistente, al valutare in funzione di prezzi, proprietà e possesso, diventi convinzione di poter comprare tutto: una donna, il consenso, il silenzio.
Se non c’è nulla di strano in affermazioni del genere perché dovremmo stupirci se poi avvengono stupri e femminicidi?
Se leggiamo le descrizioni che i giornali smerciano dei più efferati femminicidi o degli stupri, spesso di gruppo e tra giovanissimi, che hanno tormentato le cronache negli ultimi tempi, constatiamo che si parla dei colpevoli come dei mostri, come un’anomalia, come dei casi patologici. Qualcuno grida alla castrazione chimica, come risolutiva di questo dramma.
Eppure, se ci fermassimo un attimo a riflettere, invece di sparare la soluzione più machista, forse noteremmo che tutto questo è il prodotto della cultura che legittimiamo accettando certe affermazioni, noteremmo che tutti quei femminicidi per cui tutti ci costerniamo, altro non sono che la punta dell’iceberg di questa cultura patriarcale e del possesso che subiamo: una cultura classista e sessista; concluderemmo allora che le affermazioni come quelle di cui sopra, tutt’altro che innocenti intercalare, goliardia o gioco, hanno un nome ed è violenza. Minimizzare, nascondere, giustificare, normalizzare e non riconoscere la gravità e la violenza di queste parole significa alimentare questa cultura patriarcale in cui siamo immersi che promuove solo odio, sessismo, violenza e possesso.
Noi siamo stufe di dover accettare cose inaccettabili, siamo stanche di stare zitte davanti ad una cultura che rende accettabili affermazioni del genere, che vede le donne solo come meri oggetti sessuali da conquistare o con il fascino o con i soldi, siamo stanche di normalizzare il fatto che una donna venga molestata, stuprata, uccisa.
Il 25 novembre si avvicina e non possiamo lasciar passare inosservate queste parole, siamo tante, siamo incazzate e non staremo mai zitte – Collettivo Malelingue Teramo –