PESCARA – Quasi mille imprese in meno rispetto all’anno precedente, 431 delle quali artigiane e circa la metà del settore delle costruzioni. E’ il bilancio tracciato da uno studio realizzato per la CNA Abruzzo da Aldo Ronci, relativo all’andamento delle imprese nel primo trimestre dell’anno. Quella che si delinea, accentuando un trend degli ultimi anni che a questo punto appare quasi irreversibile, è una flessione ulteriore del numero delle imprese artigiane rispetto agli anni precedenti. A spiegarlo è lo stesso curatore della ricerca: «Il decremento percentuale delle nuove imprese artigiane – dice Ronci – è stato dell’1,43%, valore superiore allo 0,80% italiano. Una flessione che colloca l’Abruzzo al penultimo posto della graduatoria nazionale delle regioni italiane. Ma c’è da dire che i risultati conseguiti nel periodo gennaio-marzo 2019 accentuano in peggio quanto accaduto dodici mesi prima, quando la caduta era stata di 372».
Il dato critico sullo stato di salute della micro impresa abruzzese – ma la flessione, come detto interessa l’intero comparto delle imprese, visto che sono complessivamente 958 quelle in meno – unisce l’intero territorio regionale, senza eccezione alcuna. In sostanza, se Atene piange Sparta certamente non ride: perché la cruda freddezza dei numeri dice che all’Aquila il conto delle perdite è di 117 imprese artigiane, a Chieti di 111, a Pescara di 109 e a Teramo di 94.
Un bollettino di guerra in cui le variazioni negative sono determinate soprattutto da alcuni comparti: le costruzioni prima di tutto, che perdono per strada 221 unità; ma anche il settore manifatturiero (-114), la riparazione di auto e apparecchiature per la casa (-30), i trasporti (-29), i servizi alla persona (-22) se la passano male. Con la sola ristorazione (+32) in grado di esibire un piccolo aumento.
Ovviamente, è proprio la crisi del settore edilizio ad apparire pesantissima, ma anche per certi versi incomprensibile. Tanto più che il picco più elevato delle cancellazioni si manifesta in provincia dell’Aquila, ovvero l’area della nostra regione segnata dall’attività legata alla ricostruzione post-sisma. E’ nel Teramano, invece, che il manifatturiero segnale la sua situazione più critica, con 45 imprese in meno. Mentre cadute spalmate invece a “macchia d’olio” su tutto l’Abruzzo si segnalano nelle industrie alimentari (-27), abbigliamento (-18), prodotti in metallo e legno (-25), pellame (-10).