ATRI – Siamo noi che vogliamo attirare Dio, o siamo noi attratti da lui? E’ stata la grande domanda al centro della riflessione posta sabato sera ai fedeli nel santuario di Santa Rita di Atri, dal vescovo di Teramo-Atri monsignor Lorenzo Leuzzi, in occasione della presentazione del libro “Ars Celebrandi” di cui è autore Don Emilio Bettini, segretario particolare del vescovo e vicario episcopale per gli Affari generali. La presentazione del volume, avvenuto nel corso di una cerimonia eucaristica, si è configurata come un momento di profonda meditazione sugli aspetti della bellezza che contraddistinguono la liturgia che la Chiesa ha saputo valorizzare e sul cui tema si innesta la riflessione fatta da don Emilio Bettini nel volume. Alla cerimonia, organizzata da monsignor Antonio Bartolacci, rettore del santuario di Santa Rita e giudice della Rota Romana, hanno preso parte il sindaco di Atri Piergiorgio Ferretti e monsignor Marcos Pavan, maestro direttore della Cappella Sistina.

Quest’ultimo ha messo in evidenza la dicotomia tra la concezione pagana di “attirare Dio come leva per fare qualcosa”, e la concezione cristiana del “sentirsi attratti da Dio” come fame di Dio, fame di bellezza e fame di verità che sono poi la grande spinta che conduce i fedeli alla santa messa della domenica.

Alla cerimonia ha preso parte anche la corale “D’Onofrio” di Atri con la partecipazione eccezionale di alcuni cantori della Cappella Sistina. I contenuti del volume e la riflessione di monsignor Pavan sono stati molto apprezzati dal presidente emerito della “D’Onofrio” Carmine Cellinese che ha dichiarato: “Il volume di don Emilio ha posto un tema che può sembrare secondario nella liturgia, ma che in realtà non lo è affatto perché ha restituito perfettamente l’idea come il buono e il bello siano due facce della stessa medaglia e che l’arte della celebrazione è una forma che materializza la bellezza di Dio tra gli uomini”.

“Don Emilio Bettini – ha messo in evidenza monsignor Pavan – ha colto perfettamente che una liturgia è efficace se ben preparata poiché essa è il riflesso dell’estetica divina incarnata nella lode. Il rito pertanto – evidenza Pavan a proposito del volume – è a realtà nella quale l’estetica divina si rende visibile ai sensi dell’uomo con gesti e preghiere il cui significato si svela nel mistero celebrato immutabile, mentre il significante del gesto e del simbolo si piegano al servizio della lode del Dio presente”.