L’organizzazione dell’esercitazione che simula un incendio nei Laboratori del Gran Sasso causato dallo sversamento accidentale di liquido infiammabile pseudocumene ci ricorda che, dopo un anno e mezzo dall’incidente di maggio 2017, nulla è cambiato per il nostro acquifero.
L’unico elemento nuovo è una triste conferma della pericolosità in cui si trova. Se la Provincia è giustamente preoccupata, tanto da far svolgere esercitazioni, vuol dire che è ben consapevole di tutta la fragilità del sistema. Ma allora è lecito domandarsi perché non faccia sentire la sua voce per spingere l’INFN e presso gli enti preposti al controllo, al fine di allontanare le migliaia di tonnellate di sostanze pericolose stoccate all’interno dei Laboratori sotterranei? Il pericolo esiste, ma sembra che niente e nessuno possa eliminarlo: possiamo solo sperare che
l’episodio ipotizzato nell’esercitazione non si verifichi mai. Strano concetto di prevenzione.
A più di un anno dal corteo cittadino dell’11 novembre 2017 che vide 4000 cittadine e cittadini manifestare per l’acqua trasparente, il quadro è questo:
1. la Procura di Teramo, come prevedibile, ha concluso le indagini sull’incidente dell’8/9 maggio 2017 con dieci indagati e ha deciso di inviare a tutte le istituzioni locali, regionali e nazionali le conclusioni della consulenza dei tre esperti incaricati durante le indagini, richiamando così ciascun Ente alle proprie responsabilità;
2. continua l’inquietante presenza di migliaia tonnellate di sostanze pericolose praticamente nel punto di captazione di acque potabili e a tutt’oggi non immesse nella rete potabile, ma “scaricate” liberamente nella natura del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga;
3. quasi due mesi fa il sindaco di Teramo D’Alberto siglava un “patto” con l’Osservatorio, impegnandosi ad organizzare un incontro con tutti i sindaci interessati e contestualmente coinvolgere i parlamentari teramani. Non è necessario ricordare al Sindaco che il tempo sta passando e che i patti vanno rispettati: si devono mettere in campo attività concrete da subito se si vuole incidere su questa partita in fase di stallo da troppo tempo;
4. a settembre l’INFN e la Strada dei Parchi SpA dovevano presentare i progetti di messa in sicurezza definitiva: anche in questo caso, a tre mesi dalla scadenza del termine per la scadenza, solo silenzio!
Tutto attorno, in modo maliziosamente distratto, la politica perde tempo coltivando la comoda sensazione d’impotenza dinanzi ad una fatalità. Sui temi della trasparenza e partecipazione la Regione, a sua volta, si è di nuovo eclissata senza dare seguito alla promessa di far partecipare alla “Commissione per la gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso” le associazioni di protezione ambientale, promozione sociale e tutela dei consumatori, tutte portatrici di interessi tutelati dalla Costituzione, nonostante la posizione favorevole presa al riguardo dalla Commissione Ambiente del Consiglio regionale a luglio scorso.
Con queste motivazioni l’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, costituito dalle Associazioni WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia, FIAB, CAI, Italia Nostra e FAI, perseverando nel suo ruolo propositivo, ha inviato una richiesta ufficiale al Ministro dell’Ambiente e ai Presidenti delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato per far emergere la questione del Gran Sasso come questione nazionale sopperendo al ruolo istituzionale che da più parti viene evocato, ma che ancora manca.
La nostra proposta è quella di chiedere una legge speciale per l’acqua del Gran Sasso che, attraverso un pool di esperti interdisciplinare, possa finalmente, con il coinvolgimento dell’Osservatorio, arrivare ad una seria e concreta proposta progettuale di messa in sicurezza dell’acquifero. Esiste una reale situazione di potenziale pericolo su cui tutti gli amministratori, in base alle loro competenze, possono e devono intervenire fin da subito per rendere sicura l’acqua che arriva nelle nostre case, tutelando l’ambiente e la salute di 700.000 abruzzesi che bevono l’acqua del Gran Sasso. In fondo le nostre richieste, senza seguire alcuna moda o stravaganza del nome.