TERAMO – La proposta di nuova legge urbanistica regionale, che pure si propone meritoriamente di aggiornare una disciplina ormai datata e non rappresentativa delle attuali esigenze del territorio abruzzese, si appresta ad essere definitivamente approvata nonostante le numerose indicazioni di criticità che provengono da diversi attori sociali, soprattutto da coloro direttamente interessati dalla sua applicazione, come i tecnici degli enti locali ed i liberi professionisti. In particolare la Federazione degli Ordini degli Architetti PPC di Abruzzo e Molise e gli Ordini degli Architetti delle province dell’Aquila, Pescara e Teramo, sottolineano che, nonostante nel testo licenziato dalla Commissione “Territorio, ambiente e infrastrutture” della Regione Abruzzo siano stati accolti alcuni dei suggerimenti forniti dalla Federazione stessa su questioni specifiche, tra le quali l’estensione della scadenza per la redazione delle perimetrazioni, l’introduzione di un vantaggio per gli uffici del piano nei comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti, alcuni chiarimenti sull’attività agricola, permangono ancora numerose criticità che rischiano di rendere inefficace una norma attesa da quarant’anni, che dovrebbe invece portare ad una rinascita urbanistica della regione.
La Federazione ribadisce i punti più salienti:
– Innanzi tutto la strategia dei nuovi PUC dovrà riferirsi a una pianificazione regionale che descrive una realtà territoriale, economica, sociale, demografica, infrastrutturale, progettuale, ecc. di trent’anni fa (il QRR risale agli anni ’90). La legge dovrebbe indicare almeno i principali temi della pianificazione urbanistica e territoriale di riferimento per la pianificazione locale. Ad esempio, nell’attuale scenario locale e globale, i temi della sicurezza, della prevenzione delle calamità naturali, del contrasto ai cambiamenti climatici, dello spopolamento, dovrebbero costituire ottiche fondamentali del governo del territorio, ma sono sostanzialmente assenti nel testo di legge.
– La legge, poi, non coglie l’occasione di consegnare all’Abruzzo un testo innovativo di carattere edilizio e urbanistico, come oggi suggerirebbe l’evoluzione del DPR 380/2001, la progressiva delega alle regioni di materie concorrenti, anche alla luce della legislazione sulla ricostruzione post sisma che ha incentrato la semplificazione del processo sulla conformità degli interventi allo stato legittimo preesistente, non più a un piano urbanistico. Invece nella LUR alcune norme di carattere edilizio, come gli incentivi volumetrici, conservano la loro originaria natura derogatoria piuttosto che diventare senza equivoci la disciplina della città consolidata; altre, già da tempo delegate alla regione dal DPR 380/2001, non sono adeguatamente trattate, come gli standard urbanistici (nel testo l’unica innovazione sono gli spazi per la raccolta differenziata) e la vigilanza (eppure indirizzo e controllo sono i due cardini della semplificazione). Il risultato è un testo a tratti disorganico. Peraltro, la scelta di mantenere una stretta distinzione tra politiche e piani rende poco opportuno abrogare tout court la L.R. 49/2012 in fase di transizione.
– Anche per quanto appena detto sul rapporto edilizia-urbanistica, il PUC resta un piano sostanzialmente tradizionale, conformativo, che disciplina il territorio per zone omogenee nonostante in Abruzzo – salvo poche realtà urbane – ci troviamo in presenza di contesti in massima parte già consolidati, dove quindi basterebbe la norma edilizia; lo stesso PUC risulta invece meno chiaro proprio sui temi urbanistici dell’espansione/desigillazione, ridisegno urbano, città pubblica, perequazione, abbandono. Si ritiene che un modello di PUC a fisionomia variabile, con contenuti obbligatori e facoltativi, sarebbe più in grado di adattarsi ai diversi contesti presenti nella nostra regione. Peraltro la pianificazione intercomunale resta una mera possibilità lasciata all’iniziativa degli enti, mancando contenuti che la favoriscano in concreto, mentre tali alleanze sarebbero non solo auspicabili ma fondamentali, soprattutto in contesti omogenei caratterizzati da frammentazione amministrativa dove nessun futuro è possibile se non in rete.
– Per il territorio extra urbano resta una certa ridondanza dei procedimenti da attivare per ogni futura trasformazione edilizia che soggiace, per ogni operatore, all’approvazione di un piano di sviluppo aziendale i cui contenuti saranno fissati da un regolamento che sarà redatto dalla Regione.
– Infine il testo non delinea una adeguata fase di transizione tra l’attuale quadro normativo e di pianificazione locale e le disposizioni della nuova LUR. Amministrazioni comunali alle prese con le nuove disposizioni, operatori economici che hanno investito nella riqualificazione urbana, professionisti, devono poter compiere i primi passi verso il nuovo quadro legislativo e appropriarsi delle nuove forme di pianificazione locale senza improvvise soluzioni di continuità nei processi in atto. Ad esempio non è chiara la disciplina delle nuove istanze nelle more dell’approvazione della perimetrazione, oppure quella da seguire nell’eventualità che un Comune non riesca ad approvare la perimetrazione nei termini, e ancora non sono indicati senza equivoci gli interventi in area agricola che non concorrono al consumo di suolo.
Pertanto, pur apprezzando il grande impegno profuso su questo importante passaggio legislativo da amministratori e tecnici regionali, nella consapevolezza che i temi proposti richiedevano un tempo di interlocuzione/valutazione non limitato alla fase meramente emendativa del testo, gli Architetti delle province dell’Aquila, Pescara e Teramo ritengono che la proposta di legge urbanistica giunta alla discussione del Consiglio Regionale non possa ritenersi capace di rispondere pienamente alle attuali, diverse esigenze del territorio abruzzese, e si dissocia dal testo di legge portato in approvazione.
Rimane, comunque, a disposizione per qualsiasi azione si possa ritenere utile per risolvere le criticità sopra evidenziate nel consueto spirito di costruttiva collaborazione che, da sempre, contraddistingue l’azione degli Ordini, organismi pubblici di rappresentanza professionale e di tutela di interessi diffusi non legati solo al mondo delle professioni ma all’intero contesto sociale territoriale.