ASSERGI – Ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, la collaborazione LUNA ha recentemente ottenuto un importante risultato per la comprensione delle stelle giganti rosse, riproducendo le condizioni stellari in laboratorio.

Le misure condotte hanno infatti permesso di determinare con maggiore accuratezza le abbondanze relative ai due isotopi stabili del carbonio in queste stelle, stabilendo nuovi valori di riferimento. L’articolo che descrive la ricerca è stato pubblicato in questi giorni sulla rivista internazionale Physical Review Letters (“Proton-capture rates on carbon isotopes and their impact on the astrophysical 12C/13C ratio”).

In natura esistono due tipi di atomi stabili di carbonio, il 12C e il 13C. Nelle rocce terrestri si trova 1 atomo di 13C ogni 100 atomi di 12C, mentre negli esseri viventi il 13C è più abbondante.

La sintesi degli elementi chimici come il carbonio avviene all’interno delle stelle.

Il ciclo Carbonio-Azoto-Ossigeno (CNO), proposto da Hans Bethe nel 1938, spiega come una stella più massiccia del Sole produca, attraverso alcune reazioni di fusione nucleare, l’energia necessaria al suo sostentamento. In alcune stelle note come giganti rosse, ad esempio Arturo, la quarta stella più brillante del cielo, il 13C è significativamente più abbondante, presentando 11 atomi di 13C ogni 100 di 12C.

Risolvere il mistero dell’origine della vita passa anche attraverso la comprensione dei processi che determinano il rapporto 12C e 13C in natura.

Riproducendo in laboratorio le reazioni dei primi due processi del ciclo CNO (12C+p->13N e la 13C+p->14N) la collaborazione LUNA ha misurato la probabilità con cui queste reazioni avvengono nelle stelle, determinando il rapporto dei due atomi stabili del carbonio nelle stelle giganti. Con i nuovi risultati le abbondanze degli isotopi 12C e 13C risultano del 25% e del 30% più basse di quelle utilizzate oggi nei modelli stellari.

Le caratteristiche di bassissimo fondo dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, unitamente all’esperienza quasi trentennale della collaborazione LUNA di misurare con estrema precisione i processi di interesse astrofisico – commenta Gianluca Imbriani, Università di Napoli Federico II e INFN, Spokesperson della collaborazione LUNA – hanno portato a questo straordinario risultato, abbiamo aggiunto un altro importante tassello alla comprensione delle giganti rosse”.

LUNA (Laboratory for Underground Nuclear Astrophysics) è una collaborazione scientifica internazionale composta da circa 50 ricercatori, afferenti ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso, alle sezioni INFN e le università di Bari, Genova, Milano Statale, Napoli Federico II, Padova, Roma Sapienza, Torino, all’Osservatorio di Collurania dell’Istituto Nazionale di Astrofisica; al Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (Germania), alla School of Physics and Astronomy dell’Università di Edimburgo (Regno Unito), all’ATOMKI e al Konkoly Observatory (Ungheria) –

Ulteriori informazioni sulla collobarazione LUNA sono disponbili al sito http://luna.lngs.infn.it