ROMA – Lettera aperta del Segretario Generale del SAPPe, sindacato di Polizia Penitenziaria, Donato Capece al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, sulla situazione di emergenza che vivono le carceri italiane. Questo il testo della lettera:

Caro Ministro Nordio,

Le scrivo con la speranza che le parole di questa lettera possano scuotere la Sua coscienza e quella delle Istituzioni che rappresenta. Prendo ad esempio i fatti accaduti nel carcere di Bari perché emblematici della situazione generale delle carceri, che rispecchia lo stato comatoso del sistema penitenziario italiano. È ora di guardare in faccia la realtà: l’emergenza nelle carceri non è solo il sovraffollamento, per quanto grave e inaccettabile, ma una piaga ancora più subdola e devastante. Parlo delle violenze che, giorno dopo giorno, vengono inflitte ai poliziotti penitenziari, spesso nell’indifferenza generale.

Spero, Signor Ministro che abbia avuto modo di vedere la foto del collega rimasto ferito. Immagini allora, per un attimo, se a essere ritratto su quella sedia, con il volto insanguinato e il corpo segnato da escoriazioni, fosse stato un detenuto anziché un poliziotto penitenziario. Si può solo immaginare il clamore che ne sarebbe scaturito. Il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio, esponenti politici di ogni schieramento, associazioni di vario genere, garanti dei diritti, e perfino la magistratura, sarebbero intervenuti con dichiarazioni, visite, avvisi di garanzia e, non dimentichiamolo, copertura mediatica estesa e continuativa. E invece? Quando la vittima è un poliziotto, il silenzio è assordante, lo Stato sembra girarsi dall’altra parte e il clamore mediatico diventa un sussurro, quasi impercettibile.

Ministro Nordio, la vera emergenza non può essere ridotta al numero di detenuti stipati in celle sovraffollate. Il sovraffollamento è un problema serio, ma c’è di peggio. C’è un’intera categoria di lavoratori dello Stato, i poliziotti penitenziari, che viene trattata come carne da macello. Questi uomini e donne, che ogni giorno mettono a rischio la propria incolumità per garantire la sicurezza nelle carceri, sono esposti a una violenza inaudita, e lo fanno senza ottenere il minimo riconoscimento, senza che nessuno alzi la voce in loro difesa.

La rivolta di Bari, che ha visto protagonisti detenuti violenti e recidivi, non è un episodio isolato, ma l’ennesima conferma di un sistema penitenziario che ha perso il controllo. Questi detenuti, anziché essere sottoposti a misure disciplinari severe, come previsto da leggi e regolamenti, vengono spostati da un carcere all’altro, come se fossero dei turisti in un macabro tour delle prigioni, seminando terrore e abbattendo uno dopo l’altro i poliziotti che trovano sul loro cammino. E lo Stato, cosa fa? Assiste impotente o, peggio, si rende complice di questa violenza.

E non è tutto. Il capo di questa ultima ribellione è un criminale violento che negli ultimi 50 giorni ha mandato all’ospedale ben tre poliziotti. Ma, incredibile a dirsi, non dovrebbe nemmeno essere in carcere: è un soggetto affetto da disturbi mentali, in attesa di un posto in una REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza). La sua permanenza in carcere non è solo inadeguata, ma anche pericolosa. Eppure, non solo non è stato trasferito, ma dopo aver aggredito un poliziotto, è stata proposta per lui l’ergoterapia, una sorta di premio per la sua condotta violenta. Il risultato? Una nuova sommossa, come ringraziamento di un detenuto che non ha alcun rispetto per la legge, né per chi la rappresenta.

Ministro, non si può continuare a ignorare questi fatti. Quella sera, nella seconda sezione del carcere di Bari, c’erano circa 135 detenuti, sorvegliati da soli due poliziotti. Quando i detenuti hanno deciso di non rientrare nelle loro celle e uno di loro ha aggredito selvaggiamente un poliziotto, è iniziato l’ennesimo incubo. Ma la violenza non si è fermata lì. Hanno preso in ostaggio un infermiere, un paramedico che si trovava lì solo per svolgere il proprio lavoro, distribuendo la terapia ai detenuti.

Ed è in quel momento che è emerso il vero eroismo, quello che in questo Paese troppo spesso passa inosservato. Un sovrintendente della Polizia Penitenziaria si è offerto come ostaggio al posto dell’infermiere, mettendo la propria vita in pericolo per salvare quella di un’altra persona. Questo è il senso del dovere, Ministro. Questo è lo spirito di sacrificio che dovremmo celebrare e onorare, non solo con parole, ma con azioni concrete. E invece, anche questo gesto è passato sotto silenzio.

Per buona sorte, la trattativa con i detenuti si è conclusa intorno alle 22.30, in modo pacifico. I rivoltosi sono stati trasferiti in altre carceri pugliesi, dove, senza interventi urgenti, continueranno a creare disordini e a mettere in pericolo la vita dei poliziotti penitenziari. Questo non è più tollerabile. La situazione nelle carceri pugliesi, e in particolare a Bari, è insostenibile (così come quella di tutta Italia): la capienza regolamentare di 260 posti è stata superata, con oltre 400 detenuti stipati in spazi inadeguati, mentre l’organico della Polizia Penitenziaria è ridotto a 230 unità, quando dovrebbe essere di 320.

E, tuttavia, Ministro Nordio, non possiamo più permettere che la violenza nei confronti dei poliziotti penitenziari venga trattata come un semplice fatto di cronaca. Questa violenza mina le fondamenta dello Stato di diritto, delegittima il ruolo delle istituzioni e mette in pericolo non solo la vita dei poliziotti, ma anche quella dei detenuti più deboli, spesso sopraffatti e soggiogati dai più violenti. Le leggi ci sono, ma vanno fatte rispettare. L’arresto in flagranza degli aggressori. L’applicazione del regime speciale e l’isolamento nelle sezioni previste per i detenuti ribelli e violenti. E, soprattutto, trasferire in apposite strutture sanitarie i detenuti malati mentali, i tossicodipendenti e gli alcoldipendenti.

Solo così si può ristabilire l’ordine nelle carceri, solo così lo Stato può riacquistare credibilità e la fiducia dei cittadini. Ministro, è il momento di agire. Non c’è più tempo da perdere. – Donato Capece, Segretario Generale SAPPe –

(fonte: www.poliziapenitenziaria.it)